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L’emergenza pandemica, giunta al suo quindicesimo mese e le gravi conseguenze della stessa sulla funzione giudiziaria non possono certo limitarsi ad osservazioni informatiche sul funzionamento del nuovo portale penale o sulle modalità di svolgimento da remoto delle udienze.
Attenzione: si tratta di temi meritevoli di riflessione e mi propongo di farlo in un successivo e separato articolo.
Ora invece siamo nel mezzo di scandali che minano la credibilità della magistratura. Cito, uno per tutti, il cd caso Palamara, sul quale ho già scritto con una pubblicazione degli stralci significativi del libro intervista di Alessandro Sallusti, inviandone copia ai Colleghi e sottoponendo agli stessi un questionario volto alla creazione di un contro-sistema degli avvocati.
In tale sitiuazione appare sproporzionata e surreale la china autoritaria, pan–penalistica e sommaria assunta in sempre maggior grado dalla Giustizia italiana.
In proposito ha recentemente parlato in data 6 maggio 2021 su Visone Tv il collega Mauro Sandri, appartenente al Foro di Rimini, da mesi attivo nella tutela dei diritti costituzionali schiacciati nella morsa delle norme anti-covid.
Allo scopo è stato tra i promotori di ComiCost, comitato appunto per la difesa dei diritti costituzionali che coinvolge molti nostri colleghi di ogni parte d’Italia.
In detto intervento, lo stesso Sandri, collega tenace ed equilibrato, metteva in evidenza un decadimento della cultura giuridica del nostro Paese che si concretizza in modo del tutto speciale e differenziato rispetto agli altri paesi europei e con caratteri di gravità che non possono essere sottaciuti specialmente dagli avvocati.
Il riferimento era in primis ai fatti avvenuti a Chivasso, dove, davanti alla “Torteria” della Sig.ra Rosanna, si sono presentati 150 uomini delle Forze dell’Ordine (Carabinieri, Polizia, Guardia di Finanza) per la notifica di un atto di sequestro, derivante dal mancato rispetto di atti amministrativi regolanti gli orari di apertura degli esercizi commerciali.
Il dispiegamento di forze ha previsto anche la chiusura di tutte le strade di accesso alla via nella quale si trova la pasticceria della disubbidiente Rosanna.
Il sequestro, va ricordato, è collegato ad un’ipotesi accusatoria (la violazione dell’art. 650 cp, cioè la mancata osservanza dei provvedimenti amministrativi di regolazione delle aperture dei negozi a cagione dell’emergenza covid) di fatto di rilevanza assai lieve, rispetto alla quale il dispiegamento di forze posto in essere è evidentemente del tutto sproporzionato.
In proposito l’avv. Sandri ha anche ricordato che per una vicenda simile, accaduta per un pub di Bologna qualche tempo fa, si era già giunti, dopo il rigetto della misura cautelare da parte del Tribunale del Riesame, ad una richiesta di archiviazione da parte dello Pm, stante l’inidoneità delle norme amministrative ad essere fondamento di un’ipotesi accusatoria penale.
Nel caso di Bologna, addirittura, era stato escluso che la violazione delle norme amministrative potesse poi configurare, sul piano penale, un’ipotesi accusatoria di epidemia colposa.
Il caso di Chivasso, quindi, desta stupore, perché, pur nell’ambito di un’accusa molto meno importante (art. 650 cp), sembra non tenere minimamente in conto i precedenti, avendo come prima finalità quella di una prova muscolare di forza tipica – sono parole del collega Sandri – “di uno Stato sudamericano”.
Si aggiunga la considerazione che tale prova di forza da parte dello Stato avviene contro lavoratori alla fame che lottano per sopravvivere e che non hanno ricevuto i risarcimenti previsti ed erogati negli altri paesi europei (non per nulla da noi si parla di ristori e non di risarcimenti).
Per la torteria di Chivasso e la sua proprietaria sarà presto fissata la discussione del ricorso davanti al Tribunale del Riesame che viene curato dall’avv. Alessandro Fusillo, appartenente al nostro Foro di Roma.
Il collega Sandri ha poi voluto riferire e rimarcare un altro grave episodio per il quale si appresta a prendere le più opportune iniziative.
Gli avvocati Scifo e Corrias, già protagonisti di un ricorso amministrativo avverso l’obbligo della mascherina a scuola per i bambini sotto i 12 anni, sono stati vittime di un episodio che non può che suscitare lo sdegno e il rifiuto di noi avvocati.
Nel mentre stavano ricevendo, in un’area privata, un gruppo di persone (personale sanitario) richiedenti una consulenza in ordine al decreto 44 del 1° aprile 2021, che dispone l’obbligo vaccinale per il personale medico e sanitario con conseguenze gravi in caso di violazione, sono stati interrotti dall’arrivo di funzionari della Forestale prima, di Carabinieri, dopo, i quali, senza alcun ordine di perquisizione, si sono intromessi nella riunione, disturbandola e rendendola, al fine, impossibile.
L’impossibilità di esercizio del proprio mandato, della propria funzione deve allarmare tutti gli avvocati e merita interventi e iniziative concrete adeguate da parte di tutte le Istituzioni forensi così come va combattuto culturalmente il dilagante e pervasivo concetto dell’identificazione tra avvocato e assistito con la considerazione del primo alla stregua di un virus che contamina il copione della giustizia sommaria già scritta.
Nessuna emergenza può giustificare tali comportamenti e tali ordini concettuali, a meno di accettare che il nostro impianto costituzionale abbia perduto ogni valore, sostituito in via di fatto da un esercizio arbitrario della funzione repressiva dello Stato, purtroppo nel silenzio dei più e nella falsa idea che si possa comprimere a tal punto le libertà confidando nella loro reviviscenza spontanea solo ad emergenza finita.
Purtroppo non è così e non è mai stato così.
Ed è ancora più impressionante (una beffa, un segnale di perdita del senso del limite) che tutto questo accada mentre la credibilità del sistema giudiziario è ai minimi storici con scandali continui e confessioni pubbliche di un sistema che sfugge ad ogni tentativo di riforma e continua ad essere autoreferenziale malgrado le evidenze. Amara Palamara verrebbe da sintetizzare.
Ciò non bastasse a nutrire le già tante preoccupazioni, nel mentre il collega Sandri riferiva gli episodi sopra riportati, si apprendeva un altro fatto di cronaca di gravità inaudita: uno studente liceale di Fano, di 18 anni, a seguito del rifiuto di continuare ad indossare la mascherina in classe è stato sottoposto a TSO.
Lo studente, che i professori definiscono intelligente ”ma bastian contrario” (inquietante che un’intelligenza possa essere avversata o diminuita dall’essere un contestatore, come del resto nella natura più sana dei giovani), quindi non certo sprovvisto di compos sui,sembra l’ulteriore vittima di una criminalizzazione e di un confinamento nella patologia psichiatrica del dissenso.
Il tutto con un ribaltamento delle regole costituzionali e democratiche che proprio sulla libertà di opinione e, quindi, sulla tutela del dissenso si sono fondate.
Noi avvocati siamo certo prima di tutto cittadini e subiamo i limiti a tutti i cittadini imposti.
Ora, nel nostro impegno per i diritti dei nostri assistiti, non possiamo accettare anche limiti non compresi e previsti dalla Costituzione nell’esercizio della nostra funzione.
Dal nostro dissenso attivo e dal nostro coraggio passa una fase storica delicatissima della nostra storia.
E’ una responsabilità che dobbiamo prima avvertire, poi organizzare anche con le nostre istituzioni. Il prima possibile, il meglio possibile.