Startup in Italia.

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Avv. Francesco Capoccia
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Al giorno d’oggi fare impresa coincide sempre più con una forte caratterizzazione digitale e innovativa, per poter competere nel mercato globale. Ecco perché è sempre più diffuso l’assunto “fare startupping”, ovvero ideare e mettere in piedi una start-up- Ma cosa significa nel concreto? Per comprendere la sua naturale accezione occorre fare qualche passo indietro ed arrivare al 2012, anno in cui in Italia è stata emanata la legge 221/2012, più comunemente conosciuta come “Decreto Crescita 2.0”, che definisce nello specifico le cosiddette start-up innovative, le quali rappresentano un ecosistema relativamente giovane nel panorama economico italiano.

Secondo l’ultimo rapporto trimestrale diffuso dal Ministero dello Sviluppo Economico, in collaborazione con Unioncamere e Infocamere, al 30 settembre 2020 le start-up innovative sono risultate 12.068, con un fatturato medio di circa 200.000 mila euro. La maggior parte di queste start-up – che sono di fatto delle microimprese – sono state fondate da under 35 che rappresentano il 18,6 per cento del totale.

1. Che cosa sono nello specifico le Start-Up innovative?

Tale definizione risulta essere assai recente nel panorama italiano: essa viene introdotta per la prima volta dall’art. 25 del d.l. n. 79 del 2012, convertito poi in legge 221 il 17 dicembre 2012, dal titolo “ulteriori misure urgenti per la crescita del Paese”, definendone in tal modo l’ossatura normativa e le condizioni specifiche. “Per start-up innovativa – si legge nell’art.25 – si intende una società di capitali, costituita anche in forma cooperativa, le cui azioni o quote rappresentative del capitale sociale non sono quotate su un mercato regolamentato o su un sistema multilaterale di negoziazione”.

Affinché una micro-impresa possa gravitare nell’ecosistema delle start-up deve possedere i seguenti requisiti:

a) Deve essere costituita da non più di 60 mesi;

b) Deve avere una sede produttiva o una filiale in Italia o in uno degli Stati membri dell’Unione Europea o in stati aderenti all’accordo sullo spazio economico europeo;

c) Ha come oggetto sociale inclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico.

d) Non è stata costituita da una fusione, scissione societaria, o a seguito di cessione di azienda o di rami di azienda. Il tetto massimo del valore annuo è fissato a quota 5 milioni di euro. La società non deve distribuire o non deve aver distribuito utili in passato.

e) Ha sostenuto spese in Ricerca, Sviluppo ed Innovazione pari ad almeno il 15% del maggiore valore tra fatturato e costo della produzione;

f) Impiega personale altamente qualificato (almeno 1/3 di dottori di ricerca, di dottorandi o ricercatori, oppure almeno 2/3 con laurea magistrale);

g) E’ titolare, depositaria, licenziataria di almeno un brevetto o titolare di un software registrato;

Una start-up per essere considerata tale deve possedere dei requisiti “cardine” dai quali non si può prescindere. In tal caso, una società di capitali già costituita può essere riconosciuta come una start-up? Per essere considerata tale, è necessario verificare se alcuni requisiti siano stati soddisfatti: ad esempio, se sono stati già distribuiti degli utili di bilancio, non è più possibile richiedere l’iscrizione nella sezione speciale delle start-up innovative, così come nel caso si tratti di un’impresa costituita da più di 60 mesi.

Altro aspetto da verificare è l’oggetto sociale: la norma prevede che sia esclusiva e prevalente l’innovatività e l’alto valore tecnologico dei beni o dei servizi prevedendo una fase di sviluppo, una di produzione fino alla commercializzazione.

Nel caso invece si voglia avviare una nuova start-up innovativa, è opportuno prima di tutto definire quale sarà l’oggetto sociale, specificando chiaramente quale bene o servizio innovativo e ad alto valore tecnologico si andrà a sviluppare, a produrre e a commercializzare. In sede di prima iscrizione sarà necessario in primo luogo predisporre un business plan, un bilancio previsionale o una dichiarazione dettagliata e sottoscritta sulle future spese di Ricerca e Sviluppo, che la start-up intende sostenere nel corso del primo anno di vita.

Per quanto riguarda le agevolazioni, nell’ottobre del 2020 il Ministero dello Sviluppo Economico ha messo a punto una guida dal titolo “Agevolazioni a favore delle Start-Up innovative”; inoltre, anche il D.L. 19 maggio 2020, n.34 (cd. Decreto Rilancio) ha introdotto ulteriori misure per il rafforzamento ed il sostegno dell’ecosistema delle start-up innovative.

E’ stata introdotta per le startup innovative la possibilità di redigere atto costitutivo e statuto mediante un modello standard, convalidandone il contenuto con firma digitale, ai sensi dell’art. 24 del Codice dell’Amministrazione Digitale.

Accesso gratuito e semplificato al Fondo di Garanzia per le PMI. Difatti, le startup innovative beneficiano di un intervento semplificato, gratuito e diretto del Fondo di Garanzia per le Piccole e Medie Imprese. La garanzia è applicabile sia in via diretta sia mediante operazioni effettuate tramite confidi, copre fino all’80% del credito erogato dalla banca, fino ad un massimo di 2,5 milioni di euro.

Esonero dai diritti camerali e imposte di bollo. Tali agevolazioni hanno durata di cinque anni e sono comunque condizionate dalla permanenza dell’impresa all’interno della sezione speciale.

Raccolta di capitali: l’Italia è stato il primo paese al mondo a regolamentare la raccolta di capitale a rischio per le startup innovative. L’equity crowdfunding è una forma di investimento che consente alla “folla” di investitori di finanziare startup innovative e piccole e medie imprese attraverso portali online autorizzati, erogando un contributo finanziario in cambio di quote societarie delle stesse imprese (equity).

Servizi di internalizzazione, per garantire assistenza normativa, societaria e fiscale, attraverso l’agenzia ICE preposta a questo genere di servizi;

Possibilità di estensione dei contratti a tempo determinato per i dipendenti: i contratti a tempo determinato potranno avere una durata massima di 36 mesi, il triplo rispetto ai 12 mesi previsti dalla legge vigente;

Facoltà di remunerare il personale in modo flessibile e attraverso strumenti di partecipazione al capitale.

 

2. Come e dove sono distribuite le start-up in Italia

La galassia delle startup sorte su tutto il territorio italiano è sempre più ampia: al 30 settembre scorso, secondo uno studio, le startup sono arrivate a quota 3422, avviate nella maggioranza dei casi in forma completamente digitale e gratuita (con il supporto della Camera di Commercio o in totale autonomia).

Alla sezione speciale del Registro delle Imprese si sono infatti iscritte attraverso la modalità di costituzione online ben 292 società, il numero più alto registrato in questo periodo dal 2016 ad oggi.

Sempre più startup si affidano al servizio reso disponibile nell’estate di quattro anni fa per sfruttarne i vantaggi di carattere economico: l’esenzione dall’atto notarile permette un risparmio medio sui costi di avvio stimabile in circa 2mila euro. L’adozione di questa procedura – come attesta il rapporto – ha interessato il 38% delle nuove imprese innovative costituite in Italia nell’ultimo anno (la percentuale sale al 47% se consideriamo solo il terzo trimestre).

Non trascurabile il fatto che circa il 96% delle realtà nate online risulti attivo. Inoltre, la variabilità territoriale è molto elevata e sebbene la modalità digitale sia diffusa sull’intero territorio nazionale, e precisamente in 104 province, tre sole regioni (Lombardia, Lazio e Veneto) ospitano insieme quasi il 50% delle startup costituite online, con Milano che si conferma il principale polo dell’ecosistema dell’innovazione della Penisola con il 17% del totale delle aziende create a livello nazionale senza atto di presenza. (A Milano si contano ad oggi 581 startup contro le 334 di Roma).

Un ultimo dato interessante riguarda infine la durata delle pratiche, altro indicatore per cui si riscontrano variazioni significative a livello territoriale. Il tempo medio di attesa tra la costituzione e l’iscrizione della nuova azienda nella sezione speciale del registro delle imprese è di 38 giorni, ma nel corso del 2020 tale tempistica si è ridotta a 28 giorni.

Nel nuovo Rapporto pubblicato dal Ministero dello Sviluppo Economico, sempre in collaborazione con Infocamere e Unioncamere, e relativo al primo trimestre del 2021, il numero di startup innovative iscritte alla sezione speciale del Registro delle Imprese ai sensi del decreto-legge 179/2012 è pari a (12.561), in aumento di 662 unità (+5,6%) rispetto al trimestre precedente.

Lombardia, in Trentino Alto Adige (per densità di nuove imprese rispetto al totale delle società costituite negli ultimi cinque anni). Ma ci sono anche forti limiti come un numero scarsamente elevato di startup al femminile (solo il 13%) e un fatturato medio che non raggiunge i 185mila euro.

Eppure, come si evince negli ultimi Rapporti pubblicati nel 2020 e in quello più recente del 1 aprile 2021, le start-up nel nostro Paese continuano a crescere in termini di unità. Per quanto concerne la loro distribuzione territoriale, di seguito una tabella indicativa.

 

Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico, Rapporto 1 Trimestre 2021

 

Per quanto riguarda la distribuzione per settori di attività, invece è ancora predominante la percentuale di nuove imprese attive nel campo dei servizi alle imprese, e di queste più di un terzo sono impegnate nella produzione di software e consulenza informatica, mentre il 17,2 per cento opera nel manifatturiero.

 

Fonte: Ministero dello Sviluppo Economico, Rapporto 1 Trimestre 2021 – 1 Aprile 2021

Nonostante la crisi dovuta al Covid-19, nell’arco temporale 2019-2021, il numero di start-up innovative è cresciuto notevolmente. La maggior parte di esse sono state avviate in forma completamente digitale e gratuita, grazie al supporto delle Camere di Commercio (CCIAA) o in totale autonomia.

Sempre più start-up si sono affidate negli ultimi anni al servizio reso disponibile a partire dal 1 luglio 2016 con il “Decreto direttoriale circa l’approvazione delle specifiche tecniche per la struttura di modello informatico e di statuto delle società a responsabilità limitata start-up innovative, a norma del DM del 17 Febbraio 2016”, al fine di sfruttarne i vantaggi di carattere economico, attraverso la compilazione online di un modulo standard, bypassando così l’atto notarile.

Pertanto, non deve stupire se il 38 per cento delle nuove imprese costituite in Italia nell’ultimo anno ha optato per questa soluzione.

Tuttavia, proprio questo punto è stato al centro di una diatriba messa in piedi dal Consiglio Nazionale del Notariato, che chiedeva a gran voce l’annullamento del Decreto Ministeriale del 17 Febbraio 2016, nel quale si stabiliva che le società a responsabilità limitata semplificata dovessero costituirsi esclusivamente attraverso mezzi digitali. Un iter che ha portato allo stop della costituzione di start-up online da parte del Consiglio di Stato, con la sentenza n. 2643 del 29 marzo 2021.

La contestazione da parte dell’Ordine dei Notai non è legata tanto alla normativa del 2012, quanto al Decreto Ministeriale firmato il 17 Febbraio 2016 dall’allora Ministra dello Sviluppo Economico, Federica Guidi, e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n.56 dell’8 marzo 2016.

Il DM introduceva così la possibilità per le società a responsabilità limitata semplificata, di registrarsi in formato esclusivamente digitale, secondo un modello uniforme adottato con decreto del MES e poi trasmesso al competente ufficio del registro delle imprese ai fini dell’iscrizione.

La disciplina contenuta nel DM del 17 febbraio 2016 rappresenta, secondo il Consiglio del Notariato, una deroga alle modalità formali di costituzione della società a responsabilità limitata prevista dall’art. 2463 c.c.

In particolare, l’art. 1 del D.M. consente di utilizzare la forma elettronica per la redazione dei contratti di s.r.l.s aventi per oggetto esclusivo o prevalente lo sviluppo, la produzione e la commercializzazione di prodotti o servizi innovativi ad alto valore tecnologico in ordine ai quali viene richiesta l’iscrizione nella sezione speciale delle start-up ex art. 25, comma 8, del D.L. 19 ottobre 2012, n. 179.

Dal canto suo, il Notariato in una nota ha sottolineato come l’assenza di controlli preventivi, amministrativi e giudiziari da parte del Cdc, finisca per porre «in contrasto» il decreto italiano «con quanto richiesto obbligatoriamente dalla normativa europea. E cioè con le direttive 101/2009 e 1132/2017, che dispongono che l’atto costitutivo o lo statuto della società e le loro modifiche debbano rivestire «la forma di atto pubblico» (…) «in tutti gli stati membri la cui legislazione non preveda, all’atto della costituzione, un controllo preventivo, amministrativo o giudiziario».

La sentenza del Consiglio di Stato ribadisce che «la dottrina è concorde nel riconoscere che, al Conservatore sia consentito un controllo meramente

formale». Di conseguenza, «l’atto impugnato ha illegittimamente ampliato l’ambito dei controlli del Registro imprese, senza un’adeguata copertura legislativa che autorizzasse tale innovazione». E «in assenza di essa l’iscrizione alla sezione ordinaria» può «permanere solo se la società possiede i requisiti di forma e sostanza di una comune srl». In altri termini, solo se è costituita «con atto pubblico.

A fronte della pronuncia del Consiglio di Stato, il Notariato ha rimarcato di non essere contrario al modello start-up innovativa, ma ha posto l’accento «sull’importanza del controllo di legalità preventivo in ambito societario» per «mantenere l’affidabilità dei pubblici registri e non consentire a organizzazioni malavitose di utilizzare indiscriminatamente nuovi modelli societari» non adeguatamente sorvegliati.

Una decisione questa del CdS che impatterà sicuramente , su un numero elevato di start-up. La questione riguarda appunto le società a responsabilità limitata semplificata, note anche come startup a 1 euro, introdotte dall’allora governo Monti. Esse consentivano a giovani imprenditori di creare società con capitale sociale minimo (compreso tra 1 e 9.999 euro), grazie anche al ricorso ad un atto costitutivo standard, che non necessitava del supporto degli studi notarili, quindi eliminava di fatto un costo.

Una decisione controversa che è tutt’oggi oggetto di discussione: “La traiettoria verso la digitalizzazione, sburocratizzazione e semplificazione dei rapporti tra l’amministrazione pubblica e il tessuto economico ha subito un brusco colpo di arresto proprio in un settore strategico come quello dell’innovazione tecnologica in una fase storica particolarmente impegnativa”, ha dichiarato il presidente dell’associazione InnovUp: “Insieme alle associazioni di settore, faremo sentire la nostra voce non solo per tornare alla procedura di costituzione semplificata delle startup, ma anche per ulteriori provvedimenti a favore della credibilità e del rilancio del nostro Paese nel mondo. Con le startup non si scherza, questo deve essere capito una volta per tutte.”

Ad oggi si è pertanto in attesa di ulteriori sviluppi su tale importante e controverso argomento.

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