Il principio di accessione ed il lastrico solare: le Sezioni Unite chiariscono.

Il principio di accessione ed il lastrico solare: le Sezioni Unite chiariscono.

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L’accessione costituisce uno dei modi di acquisto della proprietà a titolo originario. Essa viene disciplinata dagli artt. 934 c.c. e seguenti.

Tale norma dispone che i beni altrui in essa indicati esistenti sul (o sotto il) suolo del proprietario diventano di proprietà esclusiva di quest’ultimo.

Trattasi di un meccanismo di “attrazione” di un bene mobile ad un bene immobile che consente l’acquisto da parte del proprietario del terreno per il solo fatto che il bene immobile assolve ad una peculiare funzione di “acquisizione” espressamente prevista dalla legge.

Prima di dar conto dei casi in cui l’accessione ha trovato maggiore applicazione, va debitamente considerato che l’art. 934 prevede delle esplicite eccezioni alla regola anzidetta.

Tale disposizione fa, infatti, salvo quanto disposto dagli art. 935,936, 937 e 938, dal titolo o dalla legge.

Occorre, pertanto, indagare in merito ai casi in cui tale meccanismo di acquisizione della proprietà operi tout court e a quelli in cui l’art. 934 c.c. non si applica.

La mancata applicazione di tale norma deriva da diversi ordini di motivi tra i quali il diverso modo di atteggiarsi del diritto dominicale, il diverso interesse connesso alla proprietà, il diverso utilizzo del bene.

Con riguardo ai limiti di tipo normativo, si cita, a titolo esemplificativo, l’art. 935 c.c.

Tale norma dispone che il proprietario del suolo che ha realizzato l’opus con l’utilizzo del materiale altrui è tenuto a corrisponderne il valore al proprietario, qualora costui non abbia richiesto la separazione del bene dall’immobile o qualora tale operazione non possa essere realizzata.

Trattasi di un meccanismo di riequilibrio economico volto a tutelare il soggetto proprietario del materiale utilizzato. La mancata restituzione del valore del bene si sostanzierebbe in un sacrificio sproporzionato peraltro sprovvisto di logica causale.

Proseguendo con l’esegesi della norma, la richiesta del valore del bene deve esser fatta entro il termine di 6 mesi dal giorno in cui il proprietario ha avuto notizia dell’incorporazione.

Nel caso in cui, invece, sia un terzo a realizzare l’opera con materiali propri, il proprietario del suolo può ritenerla (pagando il valore dei materiali e la mano d’opera oppure l’aumento di valore del suolo), oppure chiedere la rimozione a spese di colui che l’ha realizzata.

La conoscenza da parte del proprietario del suolo della realizzazione dell’opera costituisce causa ostativa alla richiesta di successiva rimozione.

Ulteriore deroga legale al principio dell’accessione si rinviene, ad esempio, nell’ambito del contratto di locazione.

I diritti nascenti da tale contratto rientrano nell’alveo dei c.d. diritti relativi (come i diritti di credito) contrapposti ai diritti assoluti (come i diritti reali).

Il contratto di locazione rientra nell’ambito dei diritti personali.

L’art. 1593 c.c. disciplina le addizioni apportate dal conduttore e sancisce che costui ha diritto di toglierle alla fine del rapporto obbligatorio, qualora ciò sia possibile.

La norma differisce, dunque, dall’art. 936 che stabilisce un diritto di “ritenzione” da parte del proprietario del suolo in alternativa alla rimozione dell’opera.

La logica della difformità di disciplina risiede nel fatto che, mentre l’attrazione del bene mobile al bene immobile è un modo di acquisto di un bene espressamente previsto, nel caso del contratto di locazione, fra i paciscenti si instaura un diverso rapporto giuridico che è di godimento del bene dietro corrispettivo di un prezzo.

Gli esempi appena svolti servono per comprendere come l’accessione non abbia portata applicativa generale. E’ la legge, infatti, a limitarne il perimetro applicativo.

Occorre, però, chiedersi se i contraenti possano derogare alla regola di cui all’art. 934 c.c..

La norma predetta, nell’ambito del suo tenore letterale, fa salvo quanto previsto dal titolo e dalla legge in generale.

Non viene esplicitato, a differenza di quanto accade, ad esempio, nel caso delle servitù (art. 1058 c.c.) un richiamo all’autonomia negoziale ex art. 1322 c.c., elemento che farebbe escludere, in prima battuta, la possibilità di consentire una diversa regolamentazione.

Le prefate riflessioni, però, non colgono nel segno.

Giova osservare, infatti, che se, da un lato, la norma fa espresso rinvio al “titolo”, dall’altro la servitù è un diritto reale di godimento. Quest’ultima differisce dall’accessione che, come già osservato, è un modo di acquisto della proprietà.

Tale questione appare di stringente attualità in quanto la Suprema Corte si è di recente occupata della possibilità di riconoscere un diritto di edificare sul lastrico solare da parte di terzi.

La questione è complessa e tange diverse tematiche.

Il Condominio di edifici è, infatti, una realtà giuridica poliforme sprovvista di personalità giuridica (così Cassazione, Sezioni Unite, sentenza n. 10934/19).

Il problema si pone in quanto il Condominio costituisce la sommatoria di proprietà individuali e proprietà comuni.

In questi casi, l’asettico meccanismo di attrazione del bene mobile ad immobile non dovrebbe, a rigor di logica, trovare ingresso in quanto nascerebbero problemi legati all’acquisizione in proprietà del bene.

Procedendo con ordine, l’art. 1127 c.c. prevede che il proprietario dell’ultimo piano, così come il proprietario esclusivo del lastrico solare, hanno la facoltà di elevare nuovi piani o nuove fabbriche, salvo che risulti diversamente dal titolo e che sia compromessa la stabilità dell’edificio. E’ altresì previsto, in caso di realizzazione dell’opera, un’indennità in favore dei condomini che viene calcolata sulla base del valore dell’area da occupare con la nuova fabbrica.

In tale circostanza la nuova opera è di proprietà del proprietario esclusivo dell’ultimo piano.

La norma nulla prevede in merito alla possibilità da parte del Condominio di far realizzare un’opera sul lastrico solare di proprietà del Condominio in favore di terzi.

Parimenti, nulla viene disposto nel caso in cui il proprietario del lastrico solare intenda cedere in godimento al altri, a titolo oneroso, la facoltà di installare un ripetitore o altro impianto con il diritto di mantenerlo per un certo periodo di tempo e di toglierlo alla fine del rapporto contrattuale.

Sul punto, la Suprema Corte, a Sezioni Unite, con sentenza n. 8434/2020, ha chiarito che le parti possono, salvo espresso divieto, realizzare un accordo che può avere natura reale oppure personale. Sulla natura dello stesso può indagare il giudice di merito.

Nel caso in cui i contraenti decidano di stipulare un accordo avente natura reale, viene a configurarsi in favore di un terzo un diritto di superficie che consente il godimento in proprietà del bene installato in favore del terzo.

Sempre secondo la Cassazione nulla osta a che le parti escludano un termine di durata, consentendo di fatto la continuazione del diritto di superficie nei confronti di un soggetto terzo.

Qualora le parti decidano di realizzare un contratto ad effetti obbligatori, si può ipotizzare che il proprietario conceda al terzo il godimento del bene (la Cassazione parla di un “contratto atipico di concessione ad aedificandum”) con rinuncia esplicita alla regola dell’accessione.

Appare evidente che, nel caso in cui il Condominio sia proprietario del lastrico solare, spetti a tutti i condomini la previa approvazione della modifica di destinazione del bene in comproprietà. Considerato che tale variazione non rientra nell’alveo delle ipotesi di cui all’art. 1136 c.c. si deve ritenere che tale tipo di modifica debba essere approvata all’unanimità dei condomini.

Tali riflessioni possono estendersi parzialmente anche nel caso in cui il lastrico solare sia di proprietà esclusiva di un singolo condomino.

In questo caso, considerato che l’art. 1127 c.c. consente a quest’ultimo la facoltà di sopraelevare un piano, si deve logicamente ritenere che tale soggetto possa realizzare un accordo con un terzo che  consenta a quest’ultimo di beneficiare della proprietà superficiaria  o di realizzare un contratto avente effetti obbligatori ut supra.

Poiché, però, l’art. 1126 c.c. in tema di riparazioni e ricostruzioni individua uno specifico riparto delle spese in funzione del diverso godimento del bene, si può ritenere che a tale facoltà di stipula di un contratto faccia da  “contraltare” la regola secondo la quale il titolare del contratto sia obbligato ex lege a ripartire il canone percepito dal terzo in favore dei Condomini.

Infine, nel caso in cui il bene da installare fosse di proprietà del proprietario esclusivo del lastrico solare poco senso avrebbe una convenzione poiché verrebbe meno il presupposto soggettivo della stipula, cioè la presenza di due parti.

Dalle argomentazioni suesposte si può osservare che la regola dell’accessione non opera nel caso in cui si presenti una realtà composita o multi strutturata come quella del condominio e che, in tali circostanze, assume rilievo dirimente la volontà delle parti che si esplicita in un determinato regolamento pattizio.

 

 

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