Arbitro Controversie Finanziarie (ACF): sintesi ragionata di alcune tematiche affrontate nelle decisioni di Settembre 2024 brevemente commentate sia lato risparmiatori che lato Banche / Intermediari.

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Indice

  1. Investimento in Obbligazioni Portugal Telecom.

  2. Investimenti inadeguati – Certificate: alla Data di Valutazione il Valore di Riferimento dell’Azione sottostante era risultato inferiore alla Barriera

  3. Azioni MPS – consulenza in modalità web collaboration.

  4. Malfunzionamento piattaforma di trading – perdita di chance.

  5. Fondo comune di investimento – ingannevolezza della brochure di presentazione – perdite da investimento.

  6. Investimenti inadeguati – Certificate: alla data di valutazione il valore di riferimento dell’azione sottostante era risultato inferiore alla barriera.

  7. Obbligazioni subordinate MPS.

  8. Polizza Unit Linked – violazione obblighi informativi e valutazione di appropriatezza.

  9. Sottoscrizione di 11 OICR dallo stesso Intermediario consigliati al Ricorrente.

  10. Responsabilità dell’Intermediario per il non corretto computo del prezzo di liquidazione di certificate a seguito dell’estinzione anticipata per delisting dell’azione sottostante EDF.

  11. Acquisto tramite servizio “You web” di obbligazioni Astaldi

  12. Operazioni di compravendita di titoli azionari Saipem

  13. Rifiuto della banca di fornire all’erede la documentazione dei rapporti intrattenuti dal de Cuius se non si reca personalmente in filiale quantunque residente all’estero e in possesso di tutte le credenziali che dimostrano la sua qualità.

  14. Investimenti finanziari in prodotti inadeguati e di scarso rendimento.

  15. Sottoscrizione polizze.

  16. Azioni Gala S.p.A.

  17. Fondo “LOF HIGH YIELD 2022 EUR P” (ISIN LU1664168413).

  18. Investimento su azioni MPS.

  19. Obbligazioni emesse della Repubblica Bolivariana del Venezuela, denominate in dollari: Venezuela 15.9.2027 9,25%” – US922646AS37 e “Venezuela 23.8.2022 12,75%” – USP17625AC16.

1) Investimento in Obbligazioni Portugal Telecom.

Con decisione 7569/2024 il Collegio respinge il ricorso.

Nella fase di apertura della sezione “in diritto” della decisione leggiamo anzitutto due presupposti.

Il primo: “Per quanto attiene, poi, alla documentazione contrattuale, risulta versata in atti la copia del modulo di apertura del rapporto di conto corrente e del deposito titoli con attivazione di servizi di investimento, sottoscritto dai clienti in data 2 febbraio 2012. In tale modulo i Ricorrenti dichiaravano altresì di aver ricevuto, letto attentamente e compreso, sezioni specifiche di diversi altri documenti, tra i quali le Condizioni Generali del contratto, le condizioni economiche del Documento di Sintesi e il Documento Informativo contenente anche l’informativa Mifid, documenti che l’Intermediario ha esibito in copia nelle versioni non sottoscritte dai Clienti del 1° febbraio 2012 (per i primi due) e del luglio 2011 e dicembre 2013 per il terzo. Risultano inoltre prodotte dalla Banca copia delle note di benvenuto datate 17 febbraio 2012 indirizzate singolarmente ai Ricorrenti nelle quali venivano forniti i rispettivi codici d’ accesso e le istruzioni per l’attivazione dei relativi servizi “.

Il secondo: “Con riferimento all’acquisto dei titoli in lite, l’utilizzo del canale online per la disposizione risulta confermato dal log riferito alla mancata valutazione di appropriatezza nel quale si rilevano, tra l’altro, il codice utente, corrispondente a quello assegnato al uno dei Ricorrenti, i parametri dell’acquisto in termini di ISIN dello strumento, quantità, limite di prezzo e sede di negoziazione”.

Relativamente alle informazioni sul prodotto finanziario: “dalla scheda prodotta si rilevano informazioni molto dettagliate sull’Emittente, sull’emissione e sul 10 garante, con diversi richiami alla caratteristica speculativa dell’investimento e risultano, altresì, riportati i rating, con relativa tabella esplicativa (BB+ per l’emissione e NR per l’Emittente), con indicazione anche degli ultimi tre valori assegnati da S&P. All’interno della descrizione delle caratteristiche principali dello strumento, classificato come obbligazione corporate, oltre alle avvertenze sull’appartenenza alla categoria speculativa del titolo e alla presenza come garante dell’indicazione di “Oi S.A. (Garante originario: Portugal Telecom SGPS SA, PT Comunicacoes SA)” tramite keep well agreement risultano esplicitate le componenti principali di rischio, modalità, tempi di smobilizzo e prezzo di riferimento. Quanto al garante, è presente anche un apposito riquadro nel quale risultano inseriti i dati di OI S.A., con l’indicazione del relativo rating (BB+ speculativo) e i mercati di quotazione. Sono, inoltre, presenti sezioni dedicate ai componenti principali di rischio, informazioni di dettaglio sulla negoziazione su EuroTLX sulle modalità e tempi di smobilizzo, sui prezzi”.

Per quanto riguarda la profilatura: assume peculiare rilievo la dichiarazione da essi rilasciata e debitamente sottoscritta: “Dichiariamo non voler fornire le informazioni richieste e inoltre di aver preso atto del fatto che ai sensi della normativa vigente: a) l’ottenimento da parte della Banca delle informazioni in merito alle conoscenze ed esperienze in materia di investimenti in strumenti finanziari, alla situazione finanziaria e agli obiettivi di investimento sono necessarie per consentire alla stessa di effettuare le valutazioni di adeguatezza previste dalla normativa vigente; b) l’ottenimento da parte della Banca delle informazioni sulle conoscenze ed esperienze in materia di investimenti strumenti finanziari, sono necessarie per consentire alla stessa di effettuare le valutazioni di appropriatezza previste dal1a normativa vigente; c) qualora lo strumento o il servizio richiesto risulti non adeguato e/o non appropriato, sulla base delle informazioni fornite, la Banca provvederà a darcene comunicazione; d) la decisione di non fornire le informazioni richieste sub a) o il mancato rilascio delle medesime impedirà alla Banca di valutare, nel migliore interesse del Cliente, se gli 11 strumenti o i servizi sono per noi adeguati ed impedirà alla Banca di poter fornire il servizio di consulenza in materi i investimenti ed il servizio di collocamento di gestioni patrimoniali; e) la decisione di non fornire informazioni richieste sub b) o il mancato rilascio delle medesime impedirà alla Banca di valutare, nel migliore interesse del Cliente, se gli strumenti o servizi sono per noi appropriati”.

Relativamente all’informativa successiva all’acquisto: “nelle citate rendicontazioni periodiche che la Banca ha indirizzato ai Clienti risultano evidenziati, per gli strumenti detenuti, tra l’altro, il prezzo di mercato con relativo controvalore, dal quale era possibile rilevare eventuali deprezzamenti dei medesimi. In particolare, già al 30 settembre 2015, vale a dire pochi mesi dopo l’acquisto in lite, le Obbligazioni venivano indicate al prezzo di mercato di € 59,11 ed un controvalore per € 200.000,00 di nominale pari a € 121.884,62”.

Posto peraltro che dalla documentazione versata in atti risulta che i ricorrenti erano frequenti ad acquisti impegnativi e in parte speculativi come da pregressa operatività (la c.d. trading history) il Collegio giunge alla conclusione che: “i Ricorrenti sono stati, dunque, adeguatamente informati delle conseguenze scaturenti dalla loro scelta di non rilasciare informazioni utili per qualificare il loro profilo di investitori, potendosi allora opportunamente richiamare il principio di autoresponsabilità per cui, con la sottoscrizione dei questionari, l’investitore assume la paternità delle dichiarazioni ivi contenute; principio che, coerentemente, non può che trovare applicare anche laddove, non fornendo le risposte alle domande loro sottoposte, i clienti si assumono la responsabilità delle conseguenze della scelta effettuata”.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: più volte sono state riportate decisioni non dissimili da questa dove giustamente il Collegio respinge le ragioni dei ricorrenti. La sensazione è ancora quella, innumerevoli volte espressa, che i ricorrenti sbaglino i contenuti del loro agire. Quando c’è una trading history che dimostra la volontà di effettuare investimenti plurimi in prodotti simili si deve procedere in un altro modo. Ammesso che sia utile dare seguito alla lamentela e non si tratti di un semplice tentativo è fondamentale rivolgersi a chi, esperto in queste materie, fornisca una preanalisi dalla quale risulti quali strategie siano percorribili. In mancanza non solo il reclamo e ricorso saranno poco performanti ma si finisce per impegnare l’Arbitro su una richiesta che palesemente così esposta non merita di essere accolta.

Lato banca / intermediario: giusta e prevedibile la difesa con produzione della trading history e il deposito dei documenti che dimostrano un operatività che sfugge alla regola stragiudiziale del “più probabile che non” come pure non consente di individuare precisi profili di responsabilità secondo il regolamento ESMA in capo al personale della banca, fermo restando i noti limiti nell’eccepire a mò di prova il rapporto personale con i dipendenti della Banca convenuta, senza dubbio nell’ambito degli investimenti in obbligazioni questa seriale attività difensiva trova svolgimento positivo e accoglimenti (in questo caso peraltro giusti) anche in considerazione di ciò che l’attore, o meglio il ricorrente non produce o non eccepisce.

Brevi conclusioni: sulle obbligazioni ed in particolare sulle Portugal Telecom, malgrado una risposta negativa più che giustificata come in questo caso nello stragiudiziale possono esserci elementi utili per rivolgersi al Giudice di primo grado. Sussistono, seppure da valutare attentamente caso per caso, elementi nella scienza del diritto che possono andare nella direzione di cautelare gli intessi dei risparmiatori / clienti. Un significativo numero di pratiche “Portugal” sembra siano state potarte avanti in maniera “taglia e incolla” a volte anche da operatori che garantivano presunti risultati assumendo mandati in modo gratuito o a percentuale sul recuperato. Di fatto negli ultimi anni continuano ad arrivare decisioni che giustamente rigettano i contenuti di ricorsi che sembrano male impostati perché non riferibili alla posizione che si vuole tutelare e piuttosto standard o anonimi. Il Giudice di primo grado rappresenta una scelta per molti inevitabile purché ci si avvalga dell’assistenza legale più qualificata.

2) Investimenti inadeguati – Certificate: alla Data di Valutazione il Valore di Riferimento dell’Azione sottostante era risultato inferiore alla Barriera

Con la decisione 7570/2024 il Collegio respinge il ricorso.

Occorre rilevare come, in modo ineccepibile il Collegio ha cura di precisare: “l’investimento oggetto di controversia è stato effettuato dal Ricorrente in data 24 gennaio 2018 in regime di consulenza, come attestato dalla scheda di sottoscrizione nella quale si fa espresso riferimento al verbale della consulenza. Il documento in questione è stato allegato alla memoria difensiva e dimostra che la sottoscrizione del Certificate, insieme ad altre operazioni che non sono oggetto di contestazione, è stata valutata adeguata per livello di conoscenza ed esperienza, nonché per propensione al rischio ed orizzonte temporale dichiarati dall’odierno Ricorrente in fase di profilatura”.

Mentre, con riferimento all’informativa precontrattuale: “nel verbale di consulenza il Ricorrente ha sottoscritto una dichiarazione con la quale “conferma che è stata messa a disposizione… la documentazione menzionata nell’ambito delle specifiche Avvertenze della Banca alla voce ‘Informazioni relative allo strumento/prodotto finanziario oggetto dell’operazione’ secondo le modalità descritte alla medesima voce”. In tale sezione, inter alia, risulta essere stato segnalato che “Ulteriori informazioni sullo strumento finanziario oggetto dell’operazione di cui sopra sono contenute nel (…) KID (…) predisposto dall’Emittente dello strumento finanziario che in ottemperanza alle previsioni normative Le abbiamo consegnato (…)”. Ebbene, l’attestazione di avvenuta consegna del KID è idonea prova del corretto adempimento degli obblighi informativi da parte dell’Intermediario collocante. Nel KID, oltretutto, risulta debitamente riportato l’elevato livello di rischiosità, dello strumento, classificato con un indicatore di rischio pari a 6 su una scala fino a 7, come anche il rischio di perdita totale del capitale investito”

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: dai contenuti della decisione pare peraltro che il ricorso sia stato affetto da diversi errori. Il tentativo di negare il deposito di documenti che il ricorrente afferma l’Intermediario non avrebbe consegnato, malgrado la richiesta antecedente, lascia il tempo che trova. Giustamente il Collegio osserva che non sussistono preclusioni in tale senso: “il Regolamento ACF non prevede decadenze o preclusioni rispetto alla produzione, da parte degli intermediari, di documentazione precedentemente non consegnata ai clienti, ma anzi prescrive all’intermediario di depositare, unitamente alle proprie deduzioni, tutta la documentazione afferente al rapporto controverso (cfr. decisioni 2547, 2696, 3047, 3102, 3116, 3195, 3300, 4486)”

Viceversa viene da supporre che la richiesta dei documenti si sarebbe dovuta svolgere seguendo il corretto iter che consente già, se debitamente posto in essere, di richiedere integrazioni su eventuali “sviste” dell’Intermediario.

Si legge anche di una domanda di nullità e vale la pena ribadire come sia veramente noto l’inutilità di queste formulazioni che denotano poca conoscenza del funzionamento dell’Arbitro il quale non a caso precisa nella decisione: “secondo il consolidato orientamento ACF, l’inadempimento degli obblighi informativi precontrattuali, anche quelli relativi all’esistenza dei conflitti di interesse, non determina la nullità, risoluzione o annullamento delle operazioni. Oltretutto, trattasi di contestazione infondata anche nel merito, stante la documentazione disponibile in atti”

3) Azioni MPS – consulenza in modalità web collaboration.

Con decisione 7571/2024 il Collegio respinge il ricorso

Relativamente alla modalità web collaboration il Collegio osserva che: “riguardo poi all’assolvimento degli obblighi di valutazione di adeguatezza e/o appropriatezza, le risultanze in atti non fanno emergere le criticità 6 addotte da parte attrice, ove solo si consideri che l’unica operazione posta in essere in regime di web collaboration ha portato ad una valutazione di non adeguatezza – il che non ha fatto desistere il cliente dal porre, comunque, in essere l’operazione – mentre per le restanti, concluse autonomamente dal cliente per via telematica e tramite prestazione del servizio di esecuzione ordini, la valutazione di appropriatezza, con esito positivo, non fa emergere criticità, rivelandosi coerente con il profilo degli investitori, come rilevabile in base alla documentazione in atti”.

Fermo restando poi come emerge una intesa attività pregressa proprio sui titoli azionari il Collegio precisa altresì che: “gli investimenti qui controversi sono stati reiterati nel tempo ed hanno riguardato strumenti partecipativi quotati, in quanto tali soggetti ad ampia e tempestiva disclosure informativa di mercato, il che finisce con il depotenziare anche le contestazioni di parte attrice riferite al set informativo messo a disposizione in sede preventiva, a fortiori ove si consideri che l’esito negativo della valutazione di adeguatezza, condotta per una delle operazioni, non ha fatto desistere il cliente dal porre comunque in essere l’investimento, a cui poi hanno seguito gli ulteriori analoghi acquisti, operati in totale autonomia”.

Considerazioni:

Lato Clienti / Risparmiatori: fermo restando che la consulenza in regime di web collaboration di per sé non implica un alterazione tale da dimostrare la responsabilità dell’intermediario è fondamentale anticipare le mosse della strategia difensiva. Tenendo peraltro conto che quasi certamente ci sarà il deposito dei log da parte della Banca convenuta. Pertanto in preanalisi della posizione il Professionista incaricato dovrà rendere ben noto al cliente se ci sono o meno i presupposti. Onde scongiurare azioni più temerarie che utili. In questo caso poi si ha la sensazione che i ricorrenti abbiano provato a far sembrare che tutte le operazioni ricadessero sotto l’egida di questa consulenza a distanza mentre il Collegio, sempre attentissimo, rileva che solo una rientrava, a ben guardare, in questa operatività. Vale comunque la pena di ricordare che la web collaboration implica un servizio di consulenza a mezzo del quale viene genericamente sottoposto al cliente un verbale contenente una valutazione di adeguatezza relativamente a operazioni di investimento. Lo scrivente ritiene che in effetti ci possano essere profili di responsabilità ma le posizioni dei risparmiatori vanno attentamente studiate e la strategia da opporre sia in reclamo che ricorso è completamente diversa rispetto a quella che sembra essere stata sollevata in questo ricorso che è stato giustamente respinto.

4) Malfunzionamento piattaforma di trading – perdita di chance.

La decisione 7574/2024 respinge il ricorso.

Il Collegio dopo aver preso atto che in effetti i lamentati problemi di malfunzionamento della piattaforma si erano effettivamente verificati per ammissione dell’Intermediario stesso e che quindi c’era stato un pregiudizio rispetto alla normale operatività per i clienti operanti sui mercati finanziari deve tuttavia esprimere la seguente decisione: “il Ricorrente afferma, sì, che il malfunzionamento della piattaforma di home banking gli avrebbe, in prima battuta, impedito di acquistare lo specifico strumento finanziario di suo interesse (BOT al prezzo di “€ 98,12”) e di aver dovuto, poi, desistere dall’inserire l’ordine di acquisto una volta che il sistema riprendeva a funzionare regolarmente in quanto il prezzo era salito e, dunque, a suo avviso, non più conveniente. Ma tale prezzo non risulta, in realtà, essersi mai registrato nella giornata di mercato evocata (il prezzo minimo, infatti, è stato di € 98,135), con la conseguenza che, ove pure il malfunzionamento di che trattasi non si fosse verificato, il Ricorrente non sarebbe comunque riuscito concretamente ad acquistare il titolo al prezzo di lui auspicato”.

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: fermo restando che in effetti i valori lamentati dal cliente non paiono essersi mai realizzati, come giustamente rileva il Collegio, il problema sembra altresì essere che come in altre circostanze di lamentati malfunzionamenti delle piattaforme di trading il ricorrente non fornisce prove a sostegno del lamentato pregiudizio e neppure in termini di perdita di chance. In queste genere di ricorso non è sufficiente limitarsi a quantificare la dichiarata perdita senza nulla allegare a supporto, né fornire evidenze circa il criterio seguito per la quantificazione dello stesso danno.

5) Fondo comune di investimento – ingannevolezza della brochure di presentazione – perdite da investimento.

Con decisione 7578/2024 il Collegio accoglie il ricorso.

Dirimente in questa decisione è l’esatta ricostruzione del valore del KIID consegnato al cliente in ragione della peculiarità di un fondo multiopzione.

Il Collegio osserva anzitutto che: “la dichiarazione resa dal cliente, contenuta nel mandato per la sottoscrizione delle quote, di essere “in possesso delle Informazioni chiave per gli Investitori del Fondo relative al Fondo Comune di Investimento di Diritto Lussemburghese FONDITALIA” non può dirsi idonea ad attestare l’avvenuta effettiva consegna del KIID relativo”.

Spiegando poi: “il fondo di che trattasi appartiene alla categoria dei fondi cd. multicomparto, rispetto ai quali non può dirsi sufficiente la generica dichiarazione del cliente di aver ricevuto il KIID, essendo invece “necessario che venga offerta la prova più specifica della consegna, non già di un generico documento recante le informazioni chiave, ma dei diversi documenti relativi a ciascuno specifico comparto di volta in volta rilevante” (decisione n. 7293 del 15 aprile 2024).

Infine, pur volendo attribuire un valore all’evocato KIID, l’Arbitro precisa giustamente come esso: “era privo di specificazioni circa l’assenza di garanzia di conservazione del capitale investito, né specifici warning in tal senso risultano essere stati resi dal soggetto collocatore odierno resistente in sede di informativa preventiva. Anzi, è stata messa nella disponibilità del Ricorrente una brochure – riconducibile all’Intermediario e che gli è stata, pacificamente, consegnata nonostante si trattasse, a detta del resistente, di un “documento […] ad uso esclusivo del private banker, [di cui] non ne [era] consentita la divulgazione/consegna ai clienti o potenziali clienti, né l’utilizzo a scopi pubblicitari o promozionali” – in cui, tra l’altro, l’investimento de quo veniva messo a confronto con l’investimento in una titolo obbligazionario fino a scadenza, valorizzando per entrambi identici aspetti positivi, tra cui: a) un rendimento prevedibile; b) cedole periodiche; c) rimborso alla scadenza”.

Considerazioni:

Lato banca / intermediario: la decisione ACF sembra ineccepibile in quanto la difesa dell’Intermediario non ha saputo evitare la criticità di cadere nell’equivoco tale per cui anche laddove si ritenga pacifico che vi sia stata la congrua consegna del KIID il complessivo quadro informativo messo a disposizione dall’Intermediario, tenuto conto della brochure di rassicurazioni altresì consegnata al cliente, non fosse complessivamente strumentale. Cioè tale da ingenerare nello stesso il ragionevole convincimento che l’investimento presentasse caratteristiche analoghe all’investimento in un titolo obbligazionario. In buona sostanza l’Intermediario non è riuscito a produrre una difesa che scongiurasse il presupposto che alla base dell’investimento ci sia stata la ragionevole attesa di recuperare alla peggio il capitale investito.

6) Investimenti inadeguati – Certificate: alla data di valutazione il valore di riferimento dell’azione sottostante era risultato inferiore alla barriera

Con la decisione 7579/2024 il Collegio accoglie il ricorso.

La questione verte principalmente sull’operato del promotore finanziario il quale dando inadeguate rassicurazioni ai Clienti li ha pedissequamente indirizzati su investimenti non in linea il che, guardando al periodo in cui tutto ciò è successo porta il Collegio a dover operare una sana e prudente rivisitazione dei contenuti dell’art. 31 Regolamento Intermediario, circoscrivendone ma anche spiegandone l’esatta portata, motivo per cui leggiamo nella decisione: “Ai fini del congruo assolvimento degli obblighi informativi prescritti dalla normativa di settore non può dirsi, infatti, sufficiente la consegna del documento generale sui rischi caratterizzanti le varie tipologie di strumenti finanziari, in quanto ciò non integra il pieno adempimento dell’obbligo di cui all’art. 31 del Regolamento Intermediari ratione temporis vigente, che richiede di fornire le informazioni sulle “caratteristiche del tipo specifico di strumento interessato, nonché i rischi propri di tale tipo di strumento in modo sufficientemente dettagliato” al dichiarato fine di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”.

Proseguendo poi con il precisare che: “l’evocato art. 31, se non si vuole si sostanzi in una mera ripetizione del dettato dell’art. 27 dello stesso Regolamento Intermediari n. 16190/2007, presuppone che l’informazione sul tipo specifico di strumento finanziario preceda sempre o sia comunque temporalmente vicina all’investimento, non potendosi di certo pensare che possa essere sufficiente una informativa rilasciata anche svariati anni prima, vale a dire all’apertura dei rapporti, per rendere consapevoli investitori con le caratteristiche degli odierni Ricorrenti in ordine alle caratteristiche dei prodotti finanziari che si accingono a sottoscrivere. Con l’ulteriore paradosso che sarebbe, allora, rimesso al singolo investitore ricondurre gli strumenti d’interesse all’interno delle categorie indicate nel documento generale allegato al contratto quadro”.

E finendo per concludere: “Se, quindi, non si vuole svuotare di significato la portata dell’articolo 31 del Regolamento Intermediari, la cui finalità è quella di “consentire al cliente di adottare decisioni di investimento informate”, si deve ritenere che l’intermediario prestatore dei servizi, prima di ogni singolo ordine, sia chiamato a rendere un’informativa di dettaglio, aggiuntiva rispetto a quella prevista dall’articolo 27. D’altronde una conferma di tale interpretazione si trova nel medesimo Regolamento Intermediari, laddove in materia di OICR all’articolo 33, si ritiene idoneo ad assolvere gli obblighi informativi di cui all’articolo 31 la consegna del KIID, documento che contiene informazioni chiavi sullo specifico strumento trattato e che deve essere consegnato prima di ogni operazione su OICR”.

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: la difesa in questo caso coglie assolutamente nel segno, peraltro lo stesso Collegio come sempre attento nelle sue valutazioni rileva che pure dal fronte del questionario c’erano delle incongruenze che non avrebbero dovuto portare all’acquisto perlomeno di uno dei prodotti finanziari interessati. I regolamenti intermediari vanno giustamente attualizzati a seconda del periodo di vigenza guardando alle decisioni esplicative della loro esatta portata che peraltro spesso rivelano un carattere evolutivo. Cioè la necessità di andare oltre alcuni limiti: meglio parametrando l’interpretazione del diritto calibrandola sulla miglior efficacia per i diritti dei risparmiatori.

Lato banca / intermediario: al di là dell’apparente pochezza di argomentazioni difensive che non sembrassero invece delle giustificazioni poco plausibili, l’Intermediario si é difeso in modo tutt’altro che efficace arrivando persino a voler sostenere come l’acquisto dei titoli chiamasse in causa il regime di ricezione e trasmissione ordini. Praticamente un balzo indietro nella macchina del tempo a uno dei cavalli di battaglia più fallimentari con cui potersi andare a trincerare. Leggere oggi di queste motivazioni fa pensare, esattamente all’opposto, che propri l’Intermediario a tal punto non voglia prendersi le responsabilità da tentare una strategia che sarebbe da sconsigliare (nel suo interesse peraltro).

7) Obbligazioni subordinate MPS.

Con decisione 7580/2024 il Collegio respinge il ricorso

Il ricorso sembra essere incentrato sull’aspetto genetico relativo all’acquisto delle obbligazioni che il ricorrente afferma sia stato effetto della prestazione del servizio di consulenza e per converso l’Intermediario asserisce di non aver rilasciato alcuna raccomandazione personalizzata e che l’operazione è stata trattata, come da contratto, in regime di ricezione e trasmissione di ordini

Il Collegio sul punto osserva che: “dalla documentazione in atti risulta che il contratto quadro sottoscritto tra le parti in data 30 giugno 2008 aveva ad oggetto il servizio di ricezione e trasmissione di ordini e di esecuzione di ordini per conto di clienti, mediante negoziazione per conto proprio di strumenti finanziari, nonché di collocamento e distribuzione di strumenti finanziari e prodotti finanziari assicurativi e bancari”.

Inoltre, prosegue l’ACF: “il modulo per il conferimento di ordini versato in atti non fornisce evidenza di alcun servizio di consulenza prestato, né tanto meno contiene elementi, anche solo presuntivi, di una raccomandazione in tal senso; viene, piuttosto, chiaramente riportata l’affermazione “vogliate effettuare per mio conto l’operazione”, autonomamente resa dalla cliente, ed è anche presente in atti la “videata” dell’operazione, estratta dai sistemi del resistente, ove risulta indicato “Operazione iniziativa CLIENTE”.

E conclusivamente il Collegio, come in altre decisione svolge le seguenti valutazioni: “emerge dagli atti, come già sopra rilevato, è che l’Intermediario ha espresso il giudizio di non adeguatezza e che la Ricorrente, pur a fronte di ciò, non ha desistito dal confermare il suo intendimento di dar corso all’operazione, accettando che essa fosse valutata sotto il profilo della sola appropriatezza con esito, questa volta, positivo, stante il suo profilo d’investitrice. Profilo, va aggiunto, che appare coerente con l’operatività complessiva dispiegata dalla cliente, anche su strumenti finanziari analoghi”.

Considerazioni:

Lato Clienti / Risparmiatori: la sensazione è che il ricorso sia stato redatto in modo approssimativo e tutt’altro che adeguato al caso in concreto. Da quanto riporta il Collegio emergono dei veri e propri errori relativamente a una presunta ma non dimostrata contestazione dell’autenticità delle firme come pure a una domanda di risoluzione per inadempimento. Sembra l’esisto di un atto taglia e incolla dove troviamo elementi da tempo inutili da opporre e sui quali esiste già una corposa serie di decisioni ACF. Che si tratti di una strategia difensiva errata pare volerlo suggerire lo stesso Collegio quando scrive: “sebbene non possa dirsi che l’operato dell’Intermediario sia, alla luce degli atti, del tutto immune da profili di censurabilità, non avendo egli prodotto idonee evidenze attestative di aver messo a disposizione della cliente, all’atto dell’investimento contestato, un quadro informativo completo circa le 8 caratteristiche dello specifico strumento finanziario, tuttavia ciò non basta, a giudizio di questo Collegio, per accogliere la domanda di ristoro formulata”.

Come già più e più volte riportato s’invitano i risparmiatori a rivolgersi sempre a qualificati Professionisti in grado di fornire loro una preanalisi accurata e dettagliata delle possibili strategie valutando attentamente poi il peso da attribuire alla trading history, cioè l’attività di investimenti precedenti. In mancanza, pur potendo sotto alcuni profili avere ragione il cliente corre il rischio di vedersi inevitabilmente respingere le sue richieste..

8) Polizza Unit Linked – violazione obblighi informativi e valutazione di appropriatezza.

La decisione 7583/2024 accoglie il ricorso.

L’arbitro, dopo avere correttamente rigettato il tentativo di sollevare un poco credibile difetto di legittimazione passiva per via dell’oggetto correttamente stabilendo che si tratta di questione di natura risarcitoria, con la quale viene prospettata l’inosservanza di regole di condotta (obblighi informativi e regole in materia di valutazione di adeguatezza) in occasione della sottoscrizione di un prodotto finanziario emesso da un’impresa di assicurazione, statuisce: “tenuto conto del momento di sottoscrizione della polizza (20 febbraio 2017), va osservato che la disciplina ratione temporis applicabile alla fattispecie in esame risulta essere quella all’epoca prevista dall’art. 25-bis del TUF e dagli artt. 85 e seguenti del Regolamento Intermediari n. 16190 del 2007. Alla stregua di tale quadro normativo, risulta ad avviso di questo Collegio fondata – ed assorbente rispetto a ogni altro motivo di doglianza – la contestazione relativa all’inosservanza delle regole in materia di valutazione di adeguatezza”.

E quindi afferma che: “In tale contesto, quanto al processo di profilatura a cui è stato sottoposto il Ricorrente, rileva il Collegio che i questionari, alla cui stregua l’Intermediario avrebbe dovuto effettuare la doverosa valutazione di adeguatezza dell’operazione, sono rappresentati dai documenti denominati “Analisi della conoscenza ed esperienza” e “Analisi degli obiettivi di investimento”, sottoscritti dal cliente il 15 febbraio 2017″.

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: come in altre circostanze analoghe giustamente il ricorso viene accolto laddove successivamente all’esatto inquadramento normativo la situazione che emerge dalla lettura degli oneri circa il corretto adempimento degli obblighi in materia di valutazione e di adeguatezza da parte dell’Intermediario è particolarmente lacunoso. Ci sono numerose incongruenze (anche logiche) che portano alla luce delle criticità insuperabili.

Lato banca / intermediario: la difesa non sembra ben orientata e anzi commette alcuni errori vistosi fra cui si legge un tentativo poco credibile di sollevare un difetto di legittimazione tenuto conto del petitum (correttamente rigettato dall’Arbitro) finanche a insinuare un concorso di colpa da parte del ricorrente che avrebbe potuto limitare il danno ma è principio noto come la flessione di valore di un investimento di natura finanziaria – tipicamente caratterizzato da un certo grado di aleatorietà – non costituisce, di per sé sola considerata, un elemento necessariamente e univocamente segnaletico della non corrispondenza dello strumento alla reale propensione al rischio del cliente. Specie ove tale flessione poteva essere correlata anche a note vicende contingenti. Bene fa il Collegio a ricordarlo ancora una volta mentre l’Intermediario resistente dovrebbe evitare queste difese che non portano a nulla e trasmettono la sensazione oltre che di una impreparazione, anche di una temerarietà: sembra che non sappiano come difendersi e rasentano il tentativo. Così proposte le eccezioni difensive sembrano delle presunte scusanti: non vengono accolte. Quindi bisognerebbe tentare altre strade. Che però necessitano di un approfondito studio della materia.

9) Sottoscrizione di 11 OICR dallo stesso Intermediario consigliati al ricorrente.

La decisione 7585/2024 accoglie parzialmente il ricorso.

Come già in precedenti occasioni si rende necessario partire dal profilo di rischio attribuito al cliente e come tale l’Arbitro si sofferma sul fatto che: “Nei questionari MIFID del 27 settembre 2021 e del 27 dicembre 2021, funzionali alle operazioni effettuate, il Ricorrente ha dichiarato di avere conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, una propensione al rischio di livello bilanciato e un orizzonte temporale di investimento prevalentemente superiore ai 5 anni”.

Poi si tratta di rilevare gli obiettivi di investimento: “una “crescita moderata del capitale investito, con eventuali flussi di cassa periodici costanti” e, quanto alla propensione al rischio, una “media oscillazione del valore del capitale investito: 7 rendimento atteso e rischio di perdita significativi (Profilo bilanciato)”. Parte Ricorrente dichiara anche che la propria reazione “qualora il valore del tuo portafoglio diminuisse significativamente” sarebbe “Disinvesto parzialmente la posizione”.

Quindi la profilatura attribuita risulta non coincidente o in ogni caso scarsamente rappresentativa dei documenti compilati pertanto si legge che: “La profilatura effettuata dall’Intermediario e posta alla base degli investimenti contestati appare, pertanto, sommaria e non adeguatamente comprensibile con riferimento alla propensione al rischio”.

Dettagliando più nello specifico quanto risulta dai singoli investimenti consigliati, l’ACF ha buona premura di sottolineare: “Come risulta dalle evidenze in atti, l’Intermediario ha proposto investimenti in 11 Oicr, per 4 dei quali i KIID indicano un livello rischio pari a 6 su 7 e la relazione di consulenza mostra un indice di rischiosità VaR2 superiore a 28 e, quindi, di livello 8 massimo; per ulteriori 2 investimenti i KIID indicano un livello rischio pari a 6 su 7 ma la relazione di consulenza mostra un indice di rischiosità VaR2 inferiore a 28. Ad avviso di questo Collegio, non risultano adeguati rispetto al profilo del Ricorrente e, quindi, non avrebbero dovuto essere proposti in consulenza, i 4 Oicr che presentano sia una rischiosità indicata nei KIID pari a 6 su 7, sia un livello di Var2 superiore 28 (JPMorgan European Equity FAM L EUR Acc – EUR ISIN IE00BFXY6F05; Morgan Stanley Investment Funds – Europe Opportunity A Acc – EUR ISIN LU1387591305; Morgan Stanley Investment Funds Emerging Leaders Equity Fund Class A – EUR ISIN LU0815263628; Nordea-1 Global Climate and Environment Fund BP – EUR ISIN: LU0348926287)”.

Come pure: “Rimangono forti perplessità anche sulla adeguatezza di altri due investimenti che, pur presentando un Var2 inferiore a 27, presentavano una rischiosità indicata nei KIID pari a 6 su 7. Può reputarsi non adeguato certamente l’investimento FAM Mega Trends L EUR Acc – EUR ISIN IE00BJCX8943, in ragione del livello di Var2 significativo”.

Le conclusioni non posso che essere: “La valutazione di portafoglio, oltre a dover essere contrattualmente prevista, richiede che risultino documentalmente almeno due elementi: chiara indicazione delle valutazioni svolte con quantificazione dei rischi assunti (la cui correttezza deve poter essere valutata nel merito in sede di contraddittorio) e un esplicito avviso nel verbale di consulenza del fatto che sono proposti investimenti che, singolarmente valutati, eccedono la soglia di rischio adeguata per il cliente. Tali elementi non sono rintracciabili nei verbali di consulenza in atti”.

10) Responsabilità dell’Intermediario per il non corretto computo del prezzo di liquidazione di certificate a seguito dell’estinzione anticipata per delisting dell’azione sottostante EDF.

Il ricorso, radicato sul ruolo di agente di calcolo della Banca convenuta e dei presunti errori o divergenze di conteggio per la liquidazione dei certificates detenuti dal ricorrente quale conseguenza di un estinzione anticipata, risulta inammissibile.

Il Collegio rileva il quadro normativo di riferimento: “stante il disposto di cui all’art. 12, comma 2, lett. b), del Regolamento ACF, le contestazioni formulate nel ricorso esulano dall’ambito di competenza dell’Arbitro, il quale, ai sensi dell’art.4, comma 1, “conosce delle controversie fra investitori e intermediari relative alla violazione da parte di questi ultimi degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza previsti nei confronti degli investitori nell’esercizio delle attività disciplinate nella parte II del TUF e nel Regolamento (UE) n. 2020/1503 e nelle relative disposizioni attuative, nonché degli obblighi previsti dagli articoli 13 e 14 del Regolamento (UE) n. 1286/2014 e dalle relative disposizioni attuative, incluse le controversie transfrontaliere e le controversie oggetto del Regolamento (UE) n. 524/2013”.

Osserva inoltre l’Arbitro: “Nel caso in esame, invece, gli asseriti inadempimenti riguardano l’attività svolta dall’Intermediario in qualità di specialist ed agente di calcolo, e non nella sua veste di soggetto prestatore di servizi d’investimento, e sono finalizzati, come sopra rilevato, a contestare che il prezzo di liquidazione, per l’estinzione anticipata, sarebbe stato non corretto”.

11) Acquisto tramite servizio “You web” di obbligazioni Astaldi

Con decisione 7591/2024 il Collegio respinge il ricorso.

In via del tutto preliminare il Collegio osserva, a proposito dei dossier on line: “risulta essere stato indicato, nell’anno di riferimento per gli strumenti detenuti, il prezzo ed il controvalore in euro, con ciò evidenziando l’andamento dei titoli nel tempo”.

Avendo cura di rilevare che: “Nel caso di specie già al 31.3.2018 ed al 30.6.2018 i prezzi riportati per le Obbligazioni (rispettivamente di 80,97 e 82,00) risultavano notevolmente inferiori rispetto ai prezzi dei primi due acquisti contestati dal Ricorrente avvenuti a gennaio a 91,10 e 90,54, per poi crollare nel trimestre successivo a 24,10 alle soglie della richiesta di accesso alla procedura di concordato preventivo da parte dell’emittente, annunciata il giorno seguente. A ciò si aggiunga che la stessa operatività contestata, realizzata a prezzi progressivamente decrescenti, era di per sé indicativa di una situazione di criticità dell’emittente”.

L’Arbitro si sofferma su alcune valutazioni circa la ricostruzione in fatto offerta dal ricorrente: “benché non si rinvengano comunicazioni specifiche riferite alle vicende dell’emittente rese al Ricorrente, sembra quantomeno poco probabile che questi – soggetto che aveva sempre dichiarato di tenersi informato sull’andamento e le notizie di mercato – anche alla luce del portafoglio detenuto e dell’ampia operatività che eseguiva costantemente, non abbia avuto modo di percepire/conoscere lo stato di difficoltà che stava attraversando l’emittente Astaldi alla fine del 2018. Del resto, lo stesso Ricorrente dichiarava di aver tentato un ulteriore acquisto di Obbligazioni al prezzo limite di 15,60, in data 27.12.2019 – vale a dire, oltre un anno dopo la richiesta di concordato – versando in atti la riproduzione della schermata del PC dal quale operava, ordine non andato a buon fine in quanto il titolo era “assimilato in Black List”, circostanza che conferma le intenzioni eminentemente speculative del Cliente che, a tale data, non poteva non aver contezza di quanto accaduto in precedenza”.

Aggiungendo: “Il quadro sopra evidenziato rende, pertanto, decisamente poco verosimile anche la tesi del Ricorrente, laddove sostiene di essere stato indotto a non disinvestire la posizione detenuta dalle errate informazioni presenti sul sito dell’Intermediario, relative alla valorizzazione in utile dell’investimento nelle Obbligazioni”.

Come pure: “l’analisi delle evidenze istruttorie fa emergere alcune criticità comportamentali imputabili all’Intermediario per non aver, nello specifico, dimostrato di aver adempiuto in maniera esaustiva agli obblighi informativi preventivi sulle caratteristiche degli strumenti finanziari intermediari. Tuttavia, a fronte di ciò, le medesime evidenze istruttorie dimostrano anzitutto, in capo a Parte Ricorrente, una significativa esperienza in materia di investimenti e di avere egli conoscenze adeguate circa le diverse tipologie di strumenti finanziari e relativi rischi”.

Approfondendo quindi un esame della trading history del ricorrente basata sui precedenti acquisti e senza tralasciare il profilo delineato in sede di questionario come pure alcune pregresse valutazioni su titoli che appartenevano al settore speculativo, dopo aver dato conto del principio noto come il “più probabile che non” l’ACF conclude che: “ha già escluso, in sede di esame di fattispecie analoghe, la sussistenza del nesso di causalità laddove dalla documentazione in atti emergevano, come per l’appunto nel caso di specie, elementi tali da indurre a ritenere che la decisione di investimento fosse stata il frutto di una scelta libera e consapevole dell’investitore, che quest’ultimo avrebbe in ogni caso compiuto anche ove gli fosse stato fornito un corretto e completo quadro informativo. Questo Arbitro è pervenuto a tale conclusione nei casi in cui le evidenze prodotte consentivano di tracciare un profilo dell’investitore caratterizzato da una buona esperienza e competenza finanziaria e davano conto di una operatività piuttosto frequente, in epoca precedente e in alcuni casi anche successiva alle operazioni contestate, nei medesimi prodotti oggetto del ricorso o in strumenti finanziari con caratteristiche analoghe, che non aveva, tuttavia, dato luogo a contestazioni di sorta, neppure sotto il profilo della mancata conoscenza delle caratteristiche proprie dello strumento finanziario (cfr., tra le tante, Decisione ACF n. 6634)”

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori: dalla lettura della lunga e apprezzabile spiegazione dell’Arbitro si ha la sensazione che in questo, come per altro in altre circostanze simili, la difesa opposta dal ricorrente con reclamo prima e ricorso poi sia stata organizzata male. In particolare si ha la sensazione che il ricorrente abbia sentito il bisogno di “aggiustare il tiro” della sua ricostruzione apportando alcuni correttivi che sembrano dei tentativi di convincere forzosamente l’Arbitro persuadendolo che le cose siano andate in un certo modo estrapolando alcuni concetti da precedenti decisioni. Il sottoscritto Autore ha più volte messo in guardia i ricorrenti dall’evitare questo genere di attività difensiva. Non funziona. Peraltro l’ACF è molto attento nel valutare adeguatamente il profilo dei ricorrenti. Indagando saggiamente ciò che emerge da narrazioni che come in questo caso sembrano davvero poco plausibili con anche dei vistosi errori in termini di incongruenze logiche tali per cui il ricorrente di fatto non riesce a spiegare come certuni eventi avrebbero potuto irretirlo o quantomeno non sarebbero stati da lui percepiti nella loro interità. Ma questo, pur potendo essere accaduto non v’è dimostrazione quantomeno di dubbio in proposito (nell’esperienza portata alla mia attenzione anche investitori apparentemente esperti possono cadere in errore perché non è “mai” una vera e proprio esperienza professionale bensì più un personale convincimento da trader che lo sia)

Lato banca / intermediario: la decisione ACF finisce per premiare l’Intermediario ma forse più per demeriti del ricorrente. In effetti l’Arbitro ha cura di sottolineare che ci sono delle criticità nell’operato dell’Intermediario. Queste ultime non sono state elaborate correttamente dalla controparte tuttavia la difesa operata non sembra particolarmente brillante in termini di cautele avverso questo genere di situazioni ed anzi si trincera dietro ad affermazioni apodittiche tali per cui il cliente comperava anche azioni e persino ETF (!). Colpevolizzare il proprio cliente non è una prassi che io consiglio agli Intermediari. Non corrisponde al vero che stante il profilo di investimento in questione la Banca non fosse tenuta a prestare alcuna informazione sull’andamento del titolo successivamente agli acquisti, anzi questo è un errore che significa che la Banca si è difesa senza sapere l’evoluzione più recente di numerosi istituti coinvolti. E’ ragionevole supporre che gli sia andata bene più demeriti della controparte che tuttavia potrebbe ottenere margini di successo diversi davanti al giudice nel qual cosa la Banca dovrà fare molto di più per dimostrare la sua assenza di responsabilità.

12) Operazioni di compravendita di titoli azionari Saipem

Con la decisione 7592/2024 il Collegio respinge il ricorso.

Il Collegio pur dovendo dare atto del fatto che: “l’Intermediario non ha prodotto evidenze idonee a comprovare che, in base alle proprie procedure per l’operatività on-line da parte della clientela, l’odierno Ricorrente, prima di operare, sia stato posto in condizione di dover visualizzare documentazione informativa descrittiva delle caratteristiche delle azioni di cui trattasi, di cui, peraltro, non è stata prodotta neppure copia” dopo aver esaminato la trading history del ricorrente e aver preso atto di alcune operazioni in particolare osserva che: “lo stesso Ricorrente, inoltre, era solito operare con modalità d’intonazione tipicamente speculativa, anche con riferimento ai titoli azionari in lite, ponendo in essere, talvolta anche nella medesima giornata e, comunque, in tempi ravvicinati, operazioni di segno opposto”.

Giungendo alla conclusione di non accogliere il ricorso per la mancanza del nesso di causalità stante peraltro il fatto che: “le concrete modalità operative poste in essere, testé richiamate e riferite all’intero periodo in contestazione, forniscono evidenza di una piena e coerente consapevolezza da parte del Ricorrente circa le caratteristiche degli investimenti effettuati, il che induce a ritenere che egli avrebbe dato egualmente corso a una tale strategia – evidentemente caratterizzati da profili di rischiosità non secondari (ma è stato proprio il Ricorrente a dichiarare nel questionario di effettuare prevalentemente investimenti che consentivano di ottenere una crescita del capitale nel tempo, consapevole del rischio di poter subire perdite significative) – pur se l’Intermediario avesse vincolativamente messo a sua disposizione (fornendo in questa sede idonea prova in tal senso) un set informativo completo e aggiornato sulle caratteristiche del titolo in questione”.

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori e Lato banca / intermediario: la difesa della Banca non sembra aver ben operato quantunque esca premiata dai limiti della strategia difensiva del ricorrente. Addirittura leggiamo che: “priva di idoneo fondamento l’affermazione dell’Intermediario, secondo cui il Ricorrente, in occasione della compilazione del questionario 2019, avrebbe richiesto l’upgrade a cliente professionale; richiesta che, in caso di sussistenza dei relativi presupposti, precluderebbe al Collegio di conoscere della controversia, perché non rientrerebbe nell’ambito di propria competenza. Invero, nella prima pagina dell’evocato questionario Mifid, il cliente risulta essere stato classificato come investitore “al dettaglio” e, con riferimento alle caselle “Upgrade” e “03-Professionale a richiesta”, nella riga immediatamente successiva si legge “Richiesta upgrade Nessuna richiesta upgrade”.

E ancora: “l’Intermediario non ha prodotto evidenze idonee a comprovare che, in base alle proprie procedure per l’operatività on-line da parte della clientela, l’odierno Ricorrente, prima di operare, sia stato posto in condizione di dover visualizzare documentazione informativa descrittiva delle caratteristiche delle azioni di cui trattasi, di cui, peraltro, non è stata prodotta neppure copia”.

Come pure: “l’Intermediario, pur deducendo di aver profilato correttamente il Ricorrente attraverso due questionari MiFID compilati rispettivamente nel 2013 e nel 2019, ha produrre in atti il solo questionario del 2019, il che impedisce di vagliare, con la necessaria completezza documentale, l’esito delle valutazioni di appropriatezza asseritamente eseguite con esiti positivi (come documentato da un file Excel dell’Intermediario), in relazione all’operatività in lite realizzata antecedentemente al 7 giugno 2019 (data di somministrazione del secondo questionario)”.

Orbene, il Collegio ACF è giustamente chiamato a interpretare il diritto e a rendere giustizia al vero di quanto dagli atti si evince come meritevole o meno di accoglimento tuttavia io ritengo da tempo che così tante banalità ed omissioni se non addirittura affermazioni che si smentiscono da sole nella difesa delle Banche debba portare a un pregiudizio. Alcuni Istituti di credito si difendono scrivendo castronerie o quello che vogliono con elaborazioni da impiegato forense che non rendono onore e rispetto alla vicenda del ricorrente il quale pur potendo avere eventualmente torto non merita di leggere delle negazioni plausibili così poco poco performanti. E’ ingiusto. Datasi la difesa operata dalla Banca forse il ricorso al Giudice di primo grado è doveroso.

13) Rifiuto della banca di fornire all’erede la documentazione dei rapporti intrattenuti dal de Cuius se non si reca personalmente in filiale quantunque residente all’estero e in possesso di tutte le credenziali che dimostrano la sua qualità.

Con decisione 7593/2024 il Collegio accoglie il ricorso.

Anzitutto per quanto riguarda l’eccezione preliminare giustissimo il rilievo tale per cui: “pur avendo la Ricorrente chiesto, sic et simpliciter, di ottenere copia della documentazione attinente ai rapporti a suo tempo intercorsi tra il resistente e il de cuius, senza espressamente prospettare un collegamento con possibili scelte di investimento/disinvestimento – che essa non possa che ritenersi quantomeno funzionale (anche) all’assunzione di scelte in tal senso, di cui la Ricorrente non può allo stato evidentemente avere debita contezza dispositiva proprio a causa della mancata messa a disposizione della documentazione oggetto della sua richiesta, in quanto rimasta sinora inevasa”.

E pertanto: “Da ciò consegue che l’oggetto della controversia non può che ritenersi rientrante nell’alveo della competenza di questo Collegio; competenza che non è limitata alle domande a contenuto patrimoniale, ben potendo il ricorrente in questa sede, lamentando l’inadempimento dell’intermediario ad uno degli obblighi di diligenza, correttezza, informazione e trasparenza previsti dalla normativa, formulare, anche in ossequio al principio di atipicità della tutela, la domanda che meglio ritiene confacente a soddisfare il suo interesse effettivo”.

Più che condivisibile quindi il fatto che: “l’Intermediario non può, ad avviso di questo Collegio, vincolare il soddisfacimento della richiesta avanzata dall’odierna parte attrice all’unica procedura prospettata, quella secondo cui la richiedente debba fisicamente recarsi presso uno degli uffici del resistente”.

Inoltre: “Il “foglio informativo ai sensi della normativa in materia di trasparenza delle operazioni e servizi bancari – servizi vari”, versato nel fascicolo – che contiene la descrizione, tra gli altri, non solo del servizio di richiesta copia degli estratti conto e di ricerca patrimoniale (che l’Intermediario ha indicato essere quelli rilevanti per la fattispecie), ma anche quello relativo all’istruzione della pratica di successione – contiene, infatti, le condizioni economiche di tutti i servizi ivi offerti, senza però fornire alcuna indicazione, né prospettare specifici vincoli, sulle modalità di attivazione, né in ordine alla necessità di presentare la richiesta, solo di persona, presso gli uffici”.

In conclusione: “la pretesa dell’Intermediario di richiedere che la Ricorrente, soggetto residente all’estero, si rechi fisicamente presso uno dei suoi uffici per essere identificata e presentare la richiesta di documentazione, ovvero si avvalga a questi fini di un procuratore (ipotesi, quest’ultima, che verosimilmente comporterebbe un aggravio d’impegno e di costi per il cliente) è da ritenersi, a dir poco, anacronistica”.

Considerazioni:

Lato risparmiatori / consumatori e Lato banca / intermediario: benissimo ha fatto il Collegio ad accogliere il ricorso e l’unica considerazione che viene da fare è quanto sia incredibile che in Italia molte Banche quando ci sono di mezzo i rapporti ereditari sollevano eccezioni e oppongano problematiche indecorose chiedendo comportamenti da parte della Clientela basati su di una evidente serializzazione burocratica del procedimento da quale si rifiutano di affrancarsi. Nel 2024 alcune pretese hanno un sapore non solo irricevibile ma inqualificabile contribuendo unicamente a creare scompiglio e disagio. C’è una volontà ostracista di non voler cambiare su questo genere di procedure che più volte è stata rilevata e in alcune circostanze è veramente ostica da superare. Si confida che questa decisione sia uno stimolo a rendere la vita degli eredi dei Clienti un po’ più facile.

14) Investimenti finanziari in prodotti inadeguati e di scarso rendimento (due decisioni)

La decisione 7595/2024 e la n. 7599 dichiarano il ricorso inammissibile per indeterminatezza

Venendo alla prima decisione, si tratta di un caso che riguarda due persone molto anziane presumibilmente coinvolte in molteplici investimenti finanziari a far data dal 2019 che potrebbero non essere in linea con il loro profilo.

Il Collegio è obbligato a rilevare come: “con specifico riguardo all’individuazione delle numerose operazioni in quote di fondi comuni di investimento, che rappresentano di gran lunga la maggioranza di quelle oggetto della controversia. Oltre a non aver compilato, in sede di presentazione del ricorso, la tabella relativa all’operatività contestata, di cui alla Sezione H) del “Modulo del ricorso”, i Ricorrenti hanno genericamente riferito le proprie contestazioni alle operazioni poste in essere “a partire dall’anno 2019”, rinviando, ai fini della loro individuazione, ad una copiosa documentazione prodotta in allegato al ricorso”.

Anche a seguito della richiesta di integrazione formulata dalla Segreteria Tecnica permangono divergenze e un indicazione troppo sommaria (peraltro senza l’essenziale requisito dei codici identificativi ISIN) che nemmeno la comparazione con quanto depositato dall’Intermediario ha permesso di ricostruire con sufficiente certezza.

Il principio da tenere molto ben presente è sempre il seguente: “la necessità che nel ricorso siano individuate con idonea chiarezza e determinatezza le operazioni controverse, oltre che le specifiche doglianze alle stesse riferibili, e ciò anche considerato che l’ordinamento pone in capo all’intermediario convenuto l’onere di provare di avere correttamente adempiuto ai propri obblighi di comportamento, il che può concretamente avvenire solo qualora l’investitore, a sua volta, assolva in maniera puntuale e circostanziata il proprio onere di allegazione, individuando in modo inequivoco «quali siano le concrete operazioni di investimento cui si riferiscono quelle contestazioni» (v. già decisione n. 1616 e numerose altre successive di identico tenore)” (cfr. da ultima, la Decisione n. 7545 del 1° agosto 2024)”.

Considerazioni.

Lato risparmiatori / consumatori: purtroppo in un numero rilevante di casi l’indeterminatezza corre il rischio di impedire la valutazione del ricorso. E’ essenziale e non ci si stancherà mai di dirlo la fase di acquisizione della documentazione, la preanalisi nella quale vanno individuati e predisposti i documenti da utilizzare. Bisogna se del caso affidarsi a un Professionista qualificato che lo faccia onde evitare di rimanere vittima di una manchevolezza che poi non permette di valutare l’effettivo tenore in diritto delle richieste. Inoltre sempre questa settimana un altra decisione è risultata inammissibile, la n. 7599 in quanto veniva di fatto rimesso all’Arbitro il compito di ricostruire il perimetro effettivo della pretesa del ricorrente che riguardava operazioni effettuate nell’ampio arco temporale compreso tra il 2019 e il 2022 con ciò dovendo rimarcare un altro principio che peraltro viene prima di quello che considera le eventuali manchevolezze dell’Intermediario e cioè che: “in simili fattispecie non può ritenersi che il ricorrente abbia adeguatamente assolto all’onere, su di lui incombente, di individuare con chiarezza le violazioni e gli investimenti, che si assumono generatori di danni asseritamente risarcibili, in quanto, così facendo, egli sostanzialmente finisce con il rimettere all’ACF il compito di definire il perimetro delle operazioni contestate, attraverso l’analisi della documentazione in atti (v. già decisione ACF n. 2137)”.

Bisogna fare attenzione. E’ onere della parte agire con particolare metodo e attenzione pure perché, e ce lo ricorda giustamente lo stesso collegio proprio in quest’ultima citata decisione: “non può non rilevarsi che sussiste il dovere per ogni intermediario qui convenuto – specie nelle ipotesi in cui, come quella che ci occupa, il ricorrente agisca nella qualità di erede – non solo di mettere preventivamente a disposizione del cliente tutta la documentazione relativa al rapporto, al fine di porlo così nella condizione di tutelare al meglio i propri diritti, ma anche di trasmettere a quest’Arbitro, laddove la situazione di conflitto non venga preventivamente rimossa tra le parti, tutta la documentazione relativa al rapporto controverso, ai sensi dell’art. 11, comma 4, del Regolamento ACF”.

15) Sottoscrizione polizze.

Con decisione 7602/2024 il Collegio accoglie il ricorso.

Anzitutto leggiamo come già in altre occasioni la seguente valutazione: “nonostante che risulti regolarmente sottoscritta con firma digitale del cliente la dichiarazione di aver ricevuto, letto e compreso prima della sottoscrizione dell’investimento, il KID, il DIP aggiuntivo, le Condizioni di assicurazione, per ciascuno dei tre prodotti contestati, l’intermediario non ha debitamente comprovato la effettiva consegna del documento, avvenuta in modalità non cartacea”.

Dopodiché, più nel dettaglio, utile per imparare e a scopo auto valutativo verificare nella propria eventuale difesa: “In particolare: (i) per la prima polizza multi-ramo, è agli atti la dichiarazione del ricorrente di avere ricevuto il set informativo tramite la sezione riservata del sito internet dell’intermediario, ma manca la dimostrazione dell’avvenuta informazione sulla possibilità di scegliere tra diverse modalità di consegna, e, comunque, che effettivamente i documenti fossero disponibili nell’area riservata dell’home banking; (ii) per la seconda polizza multi-opzione, il ricorrente risulta aver sottoscritto una dichiarazione che rinvia a una precedente scelta, laddove né per occasioni pregresse, né per il caso specifico, risulta – come detto – che l’intermediario abbia rappresentato le possibili opzioni di cui si deve dar conto nei documenti informativi; (iii) per la terza polizza manca del tutto qualsiasi traccia dell’adempimento degli obblighi informativi, né della eventuale dichiarazione del cliente di averne ricevuto la prestazione”.

In chiusura inoltre, come già in diverse altri procedimenti: “A ciò va aggiunto che la resistente non ha versato in atti i KID delle polizze contestate e dei versamenti aggiuntivi, non permettendo così di verificarne in questa sede il portato informativo e, come si illustrerà subito in appresso, neanche di poter valutare la correttezza della valutazione di adeguatezza”.

Considerazioni.

Lato banca / intermediario: da ciò che si apprende nel dispositivo la difesa dell’Intermediario è stata negazionista e incapace di produrre la prima e forse più efficace condotta difensiva: una produzione di documenti che smentisca le richieste del ricorrente. Più volte si è sottolineato che a queste condizioni resistere è possibile solo con una strategia difensiva completamente diversa. Altrimenti il Collegio ACF giustamente accoglie il ricorso e condanna l’Intermediario.

16) Azioni Gala S.p.A.

Con la decisione 7603/2024 il Collegio respinge il ricorso.

In questo pronunciamento è doveroso riportare per prima cosa la corretta circoscrizione dei fatti più rilevanti come salomonicamente individuati dall’ACF: “comprovato in atti che, a partire dal marzo 2014, con l’adesione al servizio di Banca Multicanale, il Ricorrente abbia attivato la funzionalità “Documenti online”, che prevedeva il deposito, in formato elettronico, nella omonima sezione, delle comunicazioni e della documentazione relativi al rapporto di conto corrente e di conto titoli in essere. E’ del pari riscontrata in atti l‘intervenuta modifica delle previsioni relative al servizio di trading online, ove è stata data evidenza dell’elenco completo delle comunicazioni messe dall’Intermediario a disposizione in forma elettronica nella sezione “Documenti Online”, ivi comprendendo anche le comunicazioni di “Preavvisi e comunicazioni di operazioni societarie”, dunque anche i casi di esercizio eventuale del diritto di recesso ex art. 2437 c.c. In tale contesto, la proposta unilaterale di variazione contrattuale non può che considerarsi priva di profili di illegittimità”

Per converso a fronte delle millantate richieste ed osservazioni del ricorrente il Collegio evidenzia che: “l’odierno resistente ha fornito evidenza di aver adempiuto, in data 24 giugno 2020, ai propri obblighi informativi mettendo a disposizione del Ricorrente, nella sezione “Documenti online”, la comunicazione in formato 6 elettronico datata 23 giugno 2020, denominato “Gala S.p.A. in liquidazione – esercizio del diritto di recesso”, in cui si dava atto della adozione della delibera di fusione, della possibilità per gli azionisti che non avevano concorso all’assunzione della delibera di recedere, del valore di liquidazione delle azioni, delle modalità operative, dei termini per l’esercizio e di un fac-simile del modulo per inoltrare la dichiarazione di recesso”.

Arrivando quindi alle più che condivisibili conclusioni: “A fini probatori, l’Intermediario ha prodotto evidenze estratte dai propri sistemi informatici, a cui non può che attribuirsi valore di piena prova in virtù del principio, costantemente affermato da questo Collegio, secondo cui “in una prospettiva di buona fede processuale, si deve presumere, salvo che non sussistano rilevanti elementi di segno contrario, che l’intermediario non abbia evidentemente manomesso i propri report al solo fine di poter eventualmente prevalere in una specifica controversia arbitrale, non foss’altro che per profili di responsabilità, anche in termini di vigilanza, a cui una condotta siffatta lo esporrebbe” (inter alia, Decisione n. 3765 del 17 maggio 2021).

Considerazioni.

Lato consumatori / risparmiatori: il ricorso pare essere concepito su elementi che non hanno il pregio di poter penetrare la difesa della Banca che peraltro è correttamente premiata dal fatto che le evidenze documentali dimostrano il virtuosismo con cui ha operato. Resta un mistero il perché un ricorrente come spesso accade eccepisce delle criticità che mettono chi resiste, in questo caso l’Intermediario, nelle condizioni non solo di negare ma anche di dimostrare l’assenza della propria responsabilità. Più volte si è invitato a sviluppare le proprie argomentazioni in modo più efficace.

17) Fondo “LOF HIGH YIELD 2022 EUR P” (ISIN LU1664168413).

Con decisione 7606/2024 il Collegio respinge il ricorso.

Nella decisione in commento per prima cosa merita di essere osservato che: “risulta fatto non contestato che il cliente odierno Ricorrente abbia sottoscritto le quote del fondo in lite in regime di consulenza, mediante la procedura informatica di cd. “web collaboration”, come comprovato dai log informatici prodotti dalla Banca. Tale procedura informatica può dirsi strutturata in modo tale da impedire all’investitore di impartire l’ordine d’investimento se non ha prima visualizzato la relativa documentazione informativa, tra cui il KIID (cfr., in questo stesso senso, le Decisioni n. 6839 del 25 settembre 2023 e n. 5245 del 31 marzo 2022; inoltre, le Decisioni n. 6289 del 2 febbraio 2023 e n. 4505 del 4 novembre 2021)”

Inoltre ed è come sempre nei casi analoghi un passaggio rilevante: “La presa visione da parte del Ricorrente del KIID, prima di inserire il PIN dispositivo, risulta comprovata anche dai files log versati in atti. Né al riguardo risulta fondata la contestata valenza probatoria dei log estratti dagli archivi informatici dell’Intermediario resistente, essendo essi ammissibili e idonei a provare i fatti rappresentati (v. Decisione n. 6289, cit.; cfr., altresì Decisione n. 4271 del 29 settembre 2021)”.

Avuto riguardo alla solita inutile doglianza che spesso viene ancora ripetuta negli atti: “il Ricorrente sostiene che il consulente finanziario gli avrebbe garantito, successivamente alla sottoscrizione del fondo, il rimborso integrale del capitale investito a scadenza. Giova, al riguardo, richiamare il costante orientamento del Collegio, secondo cui “nel caso in cui siano svolte doglianze attinenti alla dinamica dei rapporti tra il cliente e il personale dell’intermediario, la prova verte su circostanze che si collocano al di fuori della regola dell’art. 23, comma 6, del TUF; pertanto, il relativo onere incombe sui ricorrenti, trovandosi in caso contrario l’intermediario nella posizione di dover fornire dimostrazione di un fatto negativo” (Decisione n. 6617 del 16 giugno 2023; cfr., altresì, Decisione n. 6905 del 13 ottobre 2023)”.

Inoltre le affermazioni del ricorrente a proposito della presunta assenza di una idonea attività di profilatura come pure il fatto che il contenuto del Kid non fosse adeguato non risultano provati ed anzi l’Intermediario avrebbe dimostrato l’opposto.

Considerazioni.

Lato consumatori / risparmiatori: dalla lettura del dispositivo sia il reclamo che il ricorso sembrano essere stati concepiti male; una parte delle richieste stante l’assoluta e ormai nota inutilità conclamata dai precedenti viene da pensare sia il frutto di un attività “fai da te” di taglia e incolla da altri precedenti atti. Presentare questo tipo di doglianze significa ormai impiegare solo il tempo dell’ACF. Peraltro in alcuni passaggi si percepisce come le affermazioni del ricorrente non fossero nemmeno veritiere laddove in realtà l’Intermediario deposita documenti che le smentiscono. E’ la strada più sicura per perdere ed in effetti è ciò che giustamente si è verificato.

18) Investimento su azioni MPS.

La decisione 7607/2024 il Collegio respinge il ricorso.

Un altra interessante decisione su di un filone che ha prodotto non pochi precedenti e pertanto da subito leggiamo: “Non possono dirsi fondate le contestazioni concernenti carenze informative successive in ordine al progressivo deterioramento della posizione dell’emittente, trattandosi di obbligo che appare non prospettabile alla luce della documentazione disponibile in atti, oltre a doversi considerare che trattasi di profilo di doglianza sollevato per la prima volta solo in sede di deduzioni integrative, e pertanto prim’ancora da dichiararsi inammissibile”.

Inoltre stante la buona e diligente difesa dell’Intermediario: “Si rileva, in ogni caso, la presenza in atti degli estratti conto titoli periodici inviati dall’Intermediario ai clienti, dai quali risultano evidenti, oltre alle molteplici movimentazioni dei titoli effettuate, anche il valore di quotazione, la progressiva diminuzione di valore dei titoli e le operazioni di raggruppamento che li hanno poi interessati”.

Importante anche la valutazione che il Collegio inserisce e che non è affatto nuova nelle considerazioni inerenti alle pregresse attività in termini di investimento: “L’operatività complessiva dei clienti, per come rilevabile in base alle risultanze istruttorie, piuttosto depone in senso opposto, stante la reiterata operatività posta in essere e la propensione verso investimenti azionari, caratterizzati per loro natura da profili di rischio non disprezzabili, non foss’altro in quanto incorporanti il rischio d’impresa”.

Infatti la trading history depone contro parte ricorrente giacché come il Collegio ben rileva, egli aveva già investito in azioni MPS sin dal 2009, per poi reiterare la stessa operatività nell’arco temporale qui in esame (triennio 2014/2017), ponendo in essere otto operazioni di acquisto, ivi compresa l’adesione all’aumento di capitale del 2016, allorquando le esigenze di rafforzamento patrimoniale dell’emittente e la sua situazione aziendale erano diffusamente note, non foss’altro che per l’ampia eco mediatica delle relative vicende societarie. Pertanto come in altre occasioni l’ACF giunge alla conclusione che: “Gli elementi fattuali appena evidenziati sono, ad avviso di questo Collegio, idonei ad escludere la configurabilità del necessario nesso di causalità tra quanto addebitabile all’Intermediario e il danno lamentato da parte attorea”.

Considerazioni.

Lato consumatori / risparmiatori: come in moltissimi precedenti già commentati si ribadisce che in presenza di una trading history come questa concepire reclamo e ricorso in questo modo significa vedersi respingere entrambi. E’ evidente che le lamentele così concepite non colgono nel segno.

Lato banca / intermediario: la difesa sembra aver ben individuato la temerarietà delle richieste avanzate dalla controparte e per effetto ha come ormai noto ha avuto gioco facile nel rispedirle al mittente.

19) Obbligazioni emesse della Repubblica Bolivariana del Venezuela, denominate in dollari: Venezuela 15.9.2027 9,25%” – US922646AS37 e “Venezuela 23.8.2022 12,75%” – USP17625AC16.

Con Decisione 7608/2024 il Collegio respinge il ricorso.

La decisione, ben condivisibile, si segnala anzitutto per il tipo di prodotto finanziario ma anche per la corretta disamina che il Collegio svolge sui contenuti dell’investitore. Come sempre leggiamo anzitutto che: “risulta disponibile in atti copia del contratto quadro e di apertura del rapporto di deposito titoli cointestato, con facoltà di operare a firma disgiunta, sottoscritto dai Ricorrenti in data 27.10.2016, ivi disciplinante la prestazione dei servizi di investimento, tra i quali figura anche la consulenza; risulta, inoltre, esibito il documento relativo all’informativa precontrattuale sottoscritto dai Clienti – con specifica attestazione di ricevuta e presa visione – che comprende, tra l’altro, le informazioni sugli strumenti finanziari, la strategia di esecuzione e trasmissione degli ordini e le indicazioni sui costi dei servizi esecutivi”.

Venendo ad una delle improbabili criticità che il ricorrente ha tentato di sollevare: “Quanto al rispetto degli obblighi informativi al momento degli acquisti, l’Intermediario ha esibito per ogni operazione, la documentazione sottoscritta dal disponente: preordine, ordine, scheda prodotto e valutazione di adeguatezza. tali documenti si rilevano informazioni piuttosto dettagliate sul livello di rischiosità dei 7 titoli interessati, fornite sia sotto forma di “clausole di avvertimento” contenute nel preordine (ciascuna singolarmente sottoscritta dal cliente), sia tramite la scheda prodotto. Nello specifico, le citate clausole si riferiscono al rischio legato alla divisa di emissione, dovuto alla volatilità del rapporto di cambio, alla circostanza che il rating del paese emittente era strettamente correlato all’alta redditività dell’investimento, alla circostanza che l’elevata duration dei titoli influiva sulla variabilità del prezzo di mercato e dei tassi di interesse”.

Giusta disamina degli elementi emersi circa le schede prodotto il collegio ha premura di precisare come le stesse: “contengono diverse informazioni, sia di natura anagrafica che più specifica riguardo all’emittente e ai titoli, fornendo evidenza dei principali rischi legati alla tipologia di strumento (Emittente, Cambio, Paese, Tasso d’interesse) oltre a dettagliare il rischio legato alla clausola di rimborso anticipato. In un separato box risultano, inoltre, essere state riportate le caratteristiche delle Obbligazioni, classificate come non strutturate, a bassa complessità, liquide, con rischio mercato ed emittente “alto” e valori numerici che ne esplicitavano la residua duration e la volatilità. In tale documento sono indicati, ancora, il rating Caa3 sia per l’emittente (aggiornato al 4.3.2016) che per l’emissione (aggiornato al 13.1.2015), la valuta di negoziazione, il principale mercato (EuroTLX). Per ogni operazione eseguita, sia nei moduli di disposizione che mediante separato documento, la Banca ha anche reso noto al cliente l’esito negativo della valutazione di adeguatezza. In particolare, il disponente ha sottoscritto più volte la dichiarazione nella quale affermava che gli erano state fornite: (i) le informazioni sull’intermediario e sui suoi servizi; (ii) le informazioni concernenti la salvaguardia degli strumenti finanziari e delle somme di denaro della clientela; (iii) le informazioni sugli strumenti finanziari; (iv) le informazioni sui costi e gli oneri connessi alla prestazione dei servizi di investimento; (v) la valutazione di adeguatezza relativa alla specifica operazione ai sensi dell’art. 40 del Regolamento Intermediari e che “sulla base delle informazioni da me fornite circa la mia conoscenza ed esperienza in materia di investimenti, la mia situazione finanziaria e i miei obiettivi di investimento, la banca valuta l’operazione per me NON ADEGUATA”, dichiarando altresì il cliente di aver avuto a sua disposizione il tempo utile per assumere consapevoli decisioni”.

Le singole valutazioni di adeguatezza sono complete e individuano i contenuti necessari mentre addirittura la profilatura dei Clienti non solo è aderente ma smentisce categoricamente le prospettazioni degli stessi, addirittura dovendo leggere nella Decisione che: “Non trova, dunque, conferma documentale l’asserzione dei due attori, laddove si autodefiniscono come soggetti del tutto inesperti in materia finanziaria, ove solo si consideri la composizione del relativo portafoglio, caratterizzato da diverse emissioni obbligazionarie a tasso variabile, titoli di Stato e vari titoli azionari (Unicredit, Intesa Sanpaolo, Italcementi, Generali, Eni A2A, Prysmian, Landi Renzo, Tenaris)”.

Considerazioni.

Lato consumatori / risparmiatori: dalla lettura del dispositivo si percepisce come questo genere di ricorsi merita di essere respinto. E anche con la dovuta intransigenza. Pur potendo nel caso ipotizzarsi che il cliente non abbia capito molto del proprio contratto ma è una teoria davvero poco probabile ci sono tanti errori. I ricorrenti fanno affermazioni facili da smentire. Più e più volte si è invitato a non “recitare” determinate parti cercando di trarre in inganno il Collegio suggerendo di essere inesperti o vittime di imprecisate mancanze andando a pescare dai precedenti dell’ACF per importare profili che non appartengono ai singoli ricorsi. Il Collegio è attentissimo e valuta caso per caso ben personalizzando le circostanze. E’ una delle caratteristiche di efficienza di questo procedimento stragiudiziale. Non è mai da considerare un tentativo che forse va bene o forse no. Ci vuole serietà e rispetto per il lavoro degli Arbitri chiamati a giudicare situazioni importanti.

Pubblicato da:

Marco Solferini

L'avvocato Marco Solferini è esperto in diritto civile, commerciale, bancario, del risparmio e degli investimenti. Ha maturato una significativa esperienza nella tutela dei consumatori, contrattualistica societaria e nel diritto di Famiglia. Si occupa attivamente di diritto delle nuove tecnologie nel Metaverso e Ai in particolare per start-up e PMI. E' titolare dello Studio legale Solferini e svolge la sua attività in Bologna, Roma e Milano: www.studiolegalesolferini.com - info@studiolegalesolferini.com Ha ricoperto e ricopre alcune cariche in enti, società, associazioni. La storia professionale e il curriculum sono disponibili dal profilo Linkedin.

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