Dalla rappresentanza all’azione: la costruzione quotidiana della credibilità forense
di Davide Cortellesi
In un tempo di profondi mutamenti istituzionali e professionali, la rappresentanza forense assume un significato che va ben oltre la funzione elettiva. Essa è, sempre di più, un esercizio quotidiano di responsabilità e di coerenza. Ma come si costruisce, nella pratica, la credibilità di chi rappresenta l’Avvocatura? La domanda, tanto concreta quanto urgente, impone una riflessione articolata sulle virtù essenziali della rappresentanza. Nei giorni scorsi ho avuto la possibilità di leggere il libro di Mauro Vaglio “Orgoglio di Toga”, un racconto personale, a tratti crudo, e decisamente diretto, che offre la dimostrazione di una verità fondamentale: la credibilità si costruisce nel tempo, giorno dopo giorno, tra successi e insuccessi, ma sempre con coerenza. Non si inventa. Non si improvvisa. Non si eredita.
In questo contributo, prendendo spunto proprio dal testo sopra citato, si propongono sei direttrici fondamentali che costituiscono l’ossatura di una rappresentanza credibile e orientata al servizio della Categoria.
- La presenza.
Essere presenti non equivale a “presenziare”. La presenza è, prima di tutto, immersione nella realtà dell’Avvocatura, nella sua complessità quotidiana. Una rappresentanza distaccata dalla base si riduce a una mera funzione simbolica, lontana dalle urgenze reali.
Occorre, invece, una presenza continua, che non sia legata al ritorno in termini di consenso, ma orientata alla responsabilità e all’impegno. Esserci significa condividere le difficoltà del Foro, attraversarle, e non semplicemente osservarle da lontano o conoscerle per sentito dire.
- L’ascolto.
L’ascolto non è un’attitudine accessoria, ma una prassi fondativa del buon rappresentante. Significa riconoscere dignità a tutte le voci, anche a quelle dissonanti o critiche e avere l’umiltà di capire prima di agire.
In un contesto segnato da frammentazioni e malcontenti, la capacità di ascolto rappresenta uno dei presìdi fondamentali della legittimazione, in quanto consente di mantenere un dialogo costante con la base, evitando l’isolamento che spesso accompagna l’assunzione di ruoli apicali.
Dare ascolto, tuttavia, non significa conformarsi: significa assumersi la responsabilità di decidere, tenendo conto dei bisogni e delle ragioni di chi si rappresenta.
- La concretezza.
Viviamo un’epoca in cui il linguaggio pubblico rischia di diventare retorico e autoreferenziale. In questo contesto, la concretezza dell’azione rappresenta un valore decisivo.
Chi ha rappresentato davvero l’Avvocatura lo sa bene: la credibilità non si misura nelle dichiarazioni, ma nei risultati ottenuti, anche se piccoli. Progetti conclusi, battaglie portate avanti fino in fondo, iniziative realizzate senza clamore mediatico: tutto ciò costituisce il perno di una rappresentanza affidabile.
E quando si sbaglia – perché l’errore è fisiologico – serve la forza ed il coraggio di riconoscerlo e correggersi. La concretezza si nutre anche di onestà intellettuale.
- La trasparenza.
La trasparenza istituzionale non è solo un dovere formale, ma un elemento essenziale per costruire fiducia e legittimazione. Chi assume ruoli di rappresentanza ha la responsabilità di comunicare con chiarezza le ragioni delle proprie scelte, evitando ambiguità o silenzi che possano generare sfiducia o distacco.
La gestione di strutture importanti dell’Avvocatura – come ci racconta la vicenda personale di Mauro Vaglio – comporta inevitabilmente il confronto con le difficoltà legate al mantenimento costante della trasparenza, soprattutto nei momenti di crisi.
La complessità delle scelte (o delle soluzioni) non può diventare un alibi per la mancanza di rendicontazione. In particolare, nei momenti di maggiore difficoltà, il silenzio rappresenta una forma di distanza, che genera smarrimento e frustrazione tra i Colleghi.
Trasparenza significa, allora, non sottrarsi mai al dovere di spiegare, anche quando farlo risulta “scomodo”.
- La coerenza.
Tra i valori fondativi della rappresentanza, la coerenza occupa un posto centrale. Essa implica la capacità di mantenere saldi i principi, anche quando ciò comporta costi personali o impopolarità.
Essere coerenti significa non inseguire il consenso, ma orientare le proprie scelte sulla base di idee e obiettivi stabili. Significa anche dire dei “no” quando necessario, difendere le proprie convinzioni e, soprattutto, restare fedeli ad un progetto condiviso, anche quando i risultati tardano ad arrivare.
C’è una frase nel libro Orgoglio di Toga che mi ha colpito particolarmente: “Aiutare gli altri aiuta te stesso”. È una frase semplice, ma potentissima. Perché racchiude il senso profondo della rappresentanza vera: non usare i Colleghi, ma mettersi al loro servizio.
La coerenza, in ultima analisi, è ciò che permette a chi rappresenta di essere riconoscibile ed affidabile nel tempo, anche quando le circostanze cambiano.
- La responsabilità generazionale.
Uno degli aspetti più trascurati della rappresentanza è la responsabilità verso le generazioni future. Non si tratta solo di gestire il presente, ma di costruire basi solide per il futuro dei giovani Colleghi.
Oggi, troppo spesso, ai praticanti e ai neoiscritti si chiede passione, resilienza, dedizione, senza offrire strumenti reali di crescita e di tutela. Si rischia così di alimentare una profonda disillusione, che allontana le nuove leve dalla professione.
La credibilità passa anche da qui: dalla capacità di accompagnare e formare, di garantire che chi arriverà dopo trovi un ambiente migliore, più strutturato, che offra concrete opportunità.
Nel Libro “Orgoglio di Toga”, Mauro Vaglio racconta bene quanto la gestione della successione, della squadra e dei giovani, sia una sfida vera. E lo fa senza retorica, riconoscendo anche eventuali errori di valutazione e ferite inevitabili. Ma questa è una lezione di maturità. Perché non esiste una leadership credibile che non si ponga il problema di cosa lascia.
In conclusione.
Costruire credibilità non è un esercizio di stile, ma un patto quotidiano tra rappresentati e rappresentanti. È un lavoro silenzioso, che si rinnova ogni giorno nei comportamenti, nelle scelte, nella serietà.
Se viene meno la fiducia, si interrompe il dialogo tra Colleghi e Istituzioni e con esso si indebolisce l’intero senso di appartenenza alla comunità forense.
Per questo motivo la credibilità deve essere difesa e coltivata, giorno dopo giorno. Non per spirito corporativo, ma perché dalla forza dei suoi rappresentanti dipende la forza stessa dell’Avvocatura.